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Cos’è e come funziona la terapia iperbarica

terapia iperbarica

A cosa serve questo trattamento e su quali fronti, invece, non ci sono molte prove a sostegno della sua efficacia.

Respirare ossigeno puro o quasi puro a pressioni superiori a quelle atmosferiche, alloggiando in stanze speciali che possono ospitare una o più persone, dette camere iperbariche: ecco come funziona e a cosa serve l’ossigenoterapia iperbarica.

Origini e sviluppo

La terapia iperbarica è un prodotto storico della medicina. Già nel 1662, il medico britannico Nathaniel Henshaw aveva costruito una camera sigillata con una serie di valvole e mantici, chiamata domicilium, e vi aveva pressurizzato l’aria all’interno, ritenendo che tali condizioni potessero favorire la guarigione da una serie di malattie, soprattutto respiratorie. L’idea di curare i pazienti usando alte pressioni fu quindi ripresa dal chirurgo francese J.A. Fontaine, che costruì una camera mobile pressurizzata per dieci persone nel 1879.

La camera iperbarica ebbe un certo successo nell’Europa dell’Ottocento, quando fu usata per trattare una serie di disturbi (infezioni respiratorie ma anche problemi cardiaci, carcinomi, diabete e demenza) e come supporto alla chirurgia. Si svilupparono in quel periodo dei “centri iperbarici”, analoghi ai nostri attuali centri benessere, ma solo negli ultimi sessant’anni sono stati effettuati studi clinici per valutare l’efficacia di questa pratica.

L’uso nella malattia da decompressione

Dagli anni Quaranta del Novecento, l’ossigenoterapia iperbarica è il trattamento di riferimento per la malattia da decompressione, una condizione molto pericolosa che può colpire i sommozzatori o in generale persone che, dopo essersi immerse a profondità notevoli, tornano in superficie troppo rapidamente.

Alle pressioni tipiche dell’atmosfera terrestre, alcuni gas, in particolare l’azoto – che, ricordiamo, costituisce la maggior parte dell’aria – non sono solubili in acqua, ma lo diventano man mano che aumenta la pressione. Quando una persona si immerge oltre certe profondità, l’azoto si discioglie nel sangue e nei fluidi corporei, distribuiti nell’organismo. Se si risale troppo in fretta, l’azoto passa rapidamente allo stato gassoso, formando bolle nei tessuti che possono causare embolia. Le conseguenze possono essere dolore articolare ed eritemi, ma anche condizioni potenzialmente letali come la paralisi, le convulsioni o la perdita di coscienza. Con la camera iperbarica è possibile aumentare la pressione all’interno del corpo al fine di rendere nuovamente solubile l’azoto e gli altri gas, per poi diminuire tale pressione gradualmente in modo che le bolle che si formano abbiano il tempo di essere trasportate ai polmoni e poi espulse con la normale respirazione.

Altri utilizzi terapeutici

La camera iperbarica può essere usata anche per trattare altre condizioni mediche, in particolare quelle causate da un insufficiente apporto di ossigeno ai tessuti (ischemia). Infatti, a pressioni di circa tre volte superiori a quella atmosferica, l’ossigeno disciolto nel plasma diventa sufficiente a soddisfare i fabbisogni dei tessuti anche senza il contributo di quello trasportato dall’emoglobina nei globuli rossi. Questo aspetto diventa fondamentale quando, per esempio, l’emoglobina è compromessa, come nell’intossicazione da monossido di carbonio o da cianuro, nella sindrome da schiacciamento, nell’insufficienza arteriosa e in alcune gravi forme di anemia, anche quelle dovute a emorragie.

Inoltre, l’ossigeno è in grado di distruggere o inibire la replicazione di alcune specie di batteri, ragion per cui la terapia iperbarica può essere uno strumento prezioso nella gestione di ustioni, innesti di pelle, infezioni resistenti ad altri trattamenti – come alcune malattie fungine, bruciature da radioterapia, ulcere diabetiche e altre lesioni necrotiche (gangrena gassosa, fascite necrotizzante). È stato anche osservato che l’ossigeno ad alte pressioni diminuisce il gonfiore post-traumatico e favorisce l’attività dei globuli bianchi, la formazione di fibroblasti e collagene e la costruzione di vasi sanguigni (angiogenesi).

Terapia iperbarica “off-label”

Alcuni centri sanitari hanno cominciato a fornire l’ossigenoterapia iperbarica anche come trattamento “alternativo” di malattie per cui tuttavia non c’è al momento alcuna evidenza clinica dell’efficacia. Tra queste, l’asma, i traumi sportivi, la depressione, l’emicrania, la sclerosi multipla, l’infezione da HIV, la paralisi cerebrale, la malattia di Parkinson, il morbo di Alzheimer e le lesioni al midollo spinale. Sono state persino commercializzate camere iperbariche per uso domestico e negli ultimi anni si registra una tendenza in crescita del suo impiego per contrastare l’invecchiamento.

Anche se per alcuni dei disturbi elencati in precedenza la camera iperbarica potrebbe rivelarsi utile, è ancora troppo presto per confermarlo. Chi si sottopone all’ossigenoterapia iperbarica per trattare queste patologie rischia non solo di perdere tempo e denaro, ma di incorrere in effetti collaterali anche seri, specialmente in presenza di alcune condizioni mediche.

Diversi comitati internazionali, tra cui in Europa il Comitato europeo per la medicina iperbarica (Echm) e la Società europea sottomarina e barometrica (Eubs), sono nati proprio per valutare le buone pratiche e le raccomandazioni terapeutiche per l’uso dell’ossigenoterapia iperbarica. Per esempio, queste due istituzioni hanno stabilito che, per il momento, l’ossigenoterapia iperbarica non è raccomandata per il trattamento di Covid-19. In Italia sono autorità competenti sull’argomento, tra gli altri, il Centro di medicina subacquea e iperbarica (Cemsi) e la Società italiana di medicina subacquea e iperbarica (Simsi).

Effetti collaterali, rischi e controindicazioni

L’iperossia, cioè l’alta pressione di ossigeno nei tessuti, può persino arrivare a danneggiare i tessuti stessi. In particolare, si possono riportare lesioni alle orecchie, ai seni paranasali, agli occhi e ai denti. Ipoglicemia e ipertensione arteriosa sono possibili effetti collaterali dell’ossigenoterapia iperbarica, ma nei casi più gravi può verificarsi anche tossicità da ossigeno, con danni a carico dei polmoni (edema e collasso degli alveoli), del sistema nervoso centrale (convulsioni) e degli occhi (cataratte, distacco della retina).

All’interno della camera iperbarica si possono manifestare tutti i disturbi psicologici legati alla permanenza in un ambiente chiuso e ristretto, come la claustrofobia, stati ansiosi o il senso di oppressione, che non vanno affatto sottovalutati. Occorre infine citare il rischio di esplosioni e incendi, che in un’atmosfera ricca di ossigeno possono essere innescati e propagarsi molto rapidamente con esiti potenzialmente tragici. Per questo, anche se le camere sono dotate di sistemi anti-incendio, bisogna naturalmente evitare di introdurre oggetti o materiali fortemente infiammabili o in grado di causare scintille.

Persone che da poco hanno avuto febbre, influenza o un trauma all’orecchio non dovrebbero sottoporsi alla terapia iperbarica, né tantomeno pazienti con una storia di pneumotorace, infezioni dell’orecchio medio, operazioni chirurgiche all’apparato uditivo o intolleranza ai cambiamenti di pressione (che classicamente si manifesta come forte dolore durante il decollo o l’atterraggio in aereo). In alcuni casi è invece possibile limitare gli effetti dell’abbassamento dell’udito grazie alla terapia iperbarica, ma è bene fare riferimento al proprio specialista per un’attenta valutazione. Una raccomandazione d’altronde sempre valida prima di sottoporsi a questo tipo di terapia.

Silvia Kuna Ballero
Classe ’79, genovese di nascita e carattere, milanese d’adozione. Astrofisica, insegnante, redattrice scolastica, giornalista e divulgatrice con un interesse particolare per la storia della scienza e il rapporto tra scienza e società.
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