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Il nostro sesto senso

Che cos’è la propriocezione? Cosa sappiamo della nostra capacità di riconoscere la posizione del nostro corpo nello spazio e dei relativi sistemi che ne sono responsabili a livello cerebrale?

Nella celebre raccolta di saggi L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello (Adelphi, 1986), il neurologo Oliver Sacks aveva descritto il caso di Christina, una sua paziente di trentasette anni che improvvisamente era divenuta “disincarnata”. Nelle parole di Sacks, nella traduzione di Clara Morena, la paziente “non era in grado di stare in posizione eretta se non guardandosi i piedi. Non riusciva a tenere niente in mano, e le mani, se non le osservava, ‘annaspavano qua e là’. Se cercava di afferrare qualcosa o di portarsi il cibo alla bocca, esse mancavano l’oggetto o l’oltrepassavano con uno scatto […]. Il suo viso era stranamente inespressivo e rilasciato, la mascella ricadeva inerte, persino la postura vocale era scomparsa”.

Christina riferiva di non sentire più il suo corpo come proprio. A causa di una particolare forma di neurite, aveva perso l’uso della propriocezione: quell’insieme di informazioni che ci danno una rappresentazione mentale del nostro corpo nello spazio e della sua interazione con gli oggetti.

Come funziona la propriocezione

La propriocezione è a volte descritta come una sorta di sesto senso. Tuttavia la suddivisione del nostro sistema sensoriale nei cosiddetti cinque sensi è oggi considerata dagli esperti come troppo semplicistica, dato che le conoscenze delle neuroscienze odierne mostrano meccanismi assai più complessi e integrati. Oggi peraltro sappiamo che, oltre agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno, il cervello è in grado di percepire ed elaborare anche gli stimoli interni. Ciò avviene tramite l’enterocezione, un insieme di sistemi biologici che ci danno informazioni sullo stato interno del nostro corpo.

Questi includono, per esempio, il sistema vestibolare, con il quale riusciamo a valutare il nostro stato di equilibrio e a mantenerlo, o le sensazioni legate alla fame, alla sete e al dolore. In alcuni casi le percezioni non sono mediate ed elaborate da uno specifico sistema sensoriale, ma dall’integrazione di più stimoli e apparati, come accade per esempio nella percezione del tempo.

Anche la propriocezione è un senso enterocettivo. I segnali interni sono infatti captati e trasmessi da recettori distribuiti in tutto il corpo umano; alcuni di questi sono i fusi neuromuscolari, che si trovano all’interno dei muscoli e che si deformano come conseguenza della contrazione e del rilassamento del muscolo di cui fanno parte. La deformazione attiva i segnali elettrici che, a seconda del tipo di fuso, possono fornire informazioni su quando l’attività muscolare comincia o si arresta, oppure sulla sua durata e la sua intensità. I segnali inviati dai fusi neuromuscolari raggiungono i neuroni motori, i quali a loro volta regolano la contrazione del muscolo interessato e il rilassamento del suo opposto per eseguire il movimento richiesto in modo controllato ed efficace.

Altre terminazioni nervose, gli organi muscolo-tendinei di Golgi, si trovano invece alla giunzione tra muscoli e tendini. La struttura degli organi di Golgi è composta da filamenti intrecciati di collagene e permette di percepire i cambiamenti di tensione. Da qui si sviluppa un riflesso tendineo che aiuta a regolare l’intensità della contrazione e che, per esempio, può indurre il rilassamento istantaneo del muscolo quando le tensioni sono eccessive, esercitando quindi un’azione protettiva nei confronti di muscoli e tendini.

Gli stimoli propriocettivi vengono convogliati in un’area cerebrale posta nella corteccia somatosensoriale, dove le informazioni raccolte dai neuroni propriocettivi si integrano con quelle provenienti dal sistema vestibolare, dalla vista e in misura minore da altri sensi, come l’udito e il tatto. Nell’insieme queste informazioni forniscono al cervello una sorta di raffigurazione interna del corpo comprendente la posizione spaziale, lo stato di movimento, di accelerazione e di contrazione dei muscoli e la forza impressa a ciascuno di essi.

Alterazioni della propriocezione

La propriocezione avviene in modo autonomo e raramente ne siamo consapevoli, pur facendovi continuamente affidamento. Ha anche una funzione importante per l’identità e le relazioni, in quanto la percezione del proprio corpo è strettamente legata alla formazione della personalità e dell’immagine di sé.

Riduzioni o perdite temporanee della propriocezione si possono verificare quando si è molto stanchi, negli stati di dormiveglia o in caso di risvegli improvvisi. Inoltre possono capitare nelle fasi di maggior sviluppo corporeo (come durante l’adolescenza) o in seguito a mutamenti importanti della percentuale di grasso corporeo o della massa muscolare (per esempio, in seguito a una liposuzione, a un bypass gastrico o all’assunzione di steroidi anabolizzanti).

Fenomeni simili si possono riscontrare durante le aure che precedono un attacco di emicrania o di epilessia, o – nel caso di piloti e astronauti – nel corso di manovre in cui cambia il peso apparente. Determinate sostanze citotossiche, come la vitamina B6 assunta in dosi eccessive o alcuni farmaci chemioterapici, possono danneggiare le fibre neurali propriocettive, ma in modo reversibile, per cui è sufficiente interromperne l’assunzione perché le fibre ritornino a funzionare regolarmente.

La propriocezione, come anche gli nostri sensi, si deteriora generalmente con l’invecchiamento. Inoltre può essere alterata in persone affette da disturbi dello spettro autistico, in pazienti con anomalie del tessuto connettivo o con patologie neurodegenerative quali la malattia di Parkinson e la malattia di Huntington. Una propriocezione modificata è anche la causa della sindrome dell’arto fantasma, in cui i pazienti a cui è stato amputato un arto a volte continuano a lungo a percepire sensazioni che il cervello interpreta come provenienti da quell’arto.

In rarissimi casi può succedere di perdere del tutto la propriocezione: oltre a Christina, la paziente di Oliver Sacks, è accaduto per esempio a Ian Waterman, il protagonista del documentario della BBC The Man Who Lost His Body, che a 19 anni aveva perso sia la propriocezione sia il senso del tatto a causa di una reazione autoimmune a un’infezione virale. Altri pazienti possono soffrire di disturbi genetici che impediscono il corretto funzionamento dei recettori propriocettivi.

Alcuni pazienti riescono tuttavia a condurre una vita quasi normale imparando una serie di strategie per compensare la mancanza della propriocezione, come controllare il movimento con la vista o il tocco e memorizzare posture fisse per non perdere l’equilibrio. Ciononostante, le alterazioni permanenti della propriocezione possono portare a handicap e a stigma sociale, in quanto si tratta di condizioni difficili da diagnosticare e curare e per le altre persone è difficile mettersi nei panni di questi pazienti, in quanto dall’esterno è arduo immaginare come sia vivere in tali condizioni.

Silvia Kuna Ballero
Classe ’79, genovese di nascita e carattere, milanese d’adozione. Astrofisica, insegnante, redattrice scolastica, giornalista e divulgatrice con un interesse particolare per la storia della scienza e il rapporto tra scienza e società.
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