Quanto mai a rischio a causa del riscaldamento globale, i coralli possono ancora essere salvati: ci si prova con soluzioni hi-tech che spaziano dalla stampa 3D all’editing genetico, fino alle nursery per le piccole gemme. Ecco le strategie studiate dagli scienziati per ripopolare le barriere coralline e per salvaguardare quelle sopravvissute.
Le barriere coralline di tutto il mondo non se la passano affatto bene, tra riscaldamento globale e acidificazione degli oceani. Secondo i maggiori esperti, negli ultimi trent’anni i coralli nei mari si sono all’incirca dimezzati e il 75 per cento di quelli sopravvissuti è andato incontro a sbiancamento (dovuto alla morte dell’alga che vive in simbiosi con il corallo), anche in corrispondenza di un’ondata anomala di calore che ha riscaldato le acque tra il 2014 e il 2017. Secondo le stime degli scienziati, anche qualora dovessimo avere successo con la transizione energetica e contenere l’aumento di temperatura media mondiale al di sotto degli 1,5°C, entro la fine di questo secolo i coralli saranno il 70-90 per cento in meno rispetto agli anni Novanta del Novecento. E se invece dovesse continuare la tendenza attuale, ne avremo persi già il 90 per cento entro il 2050.
Nulla potrà completamente riportare le barriere coralline al loro antico e longevo splendore, peraltro così fondamentale per la vita marina e – indirettamente – per la nostra alimentazione. L’umanità su questo non può che fare un grande “mea culpa”. Però non tutto è perduto: scoperte scientifiche e innovazioni tecnologiche sembrano infatti per la prima volta in grado di dare una nuova speranza ai coralli, con i tentativi di ripopolare almeno in parte le barriere e di compensare i danni generati da inquinamento ed effetto serra. Sempre a patto che, in parallelo, ci sia una presa di coscienza collettiva su quanto è necessario fare per limitare i danni. Questo include non solo la riduzione delle emissioni che alterano il clima, ma anche la limitazione di attività come la pesca intensiva ed eccessiva in prossimità delle barriere, note per danneggiare direttamente i coralli. Contro tali attività sono in corso, per esempio, i progetti Coral Reef Alliance e Resilient Reefs Initiative dell’Unesco.
Coltivare (o allevare) coralli
Come sono cresciuti i coralli? Per come viene svolta, quest’attività ricorda più il giardinaggio o una coltivazione, ma è più corretto parlare di allevamento dato che i coralli sono animali. Una delle strategie più promettenti per il ripopolamento della barriera corallina è crescere coralli in condizioni controllate. È attivo fin dal 2016, per esempio, il programma per coralli ideato da David Suggett dell’università di Sydney, portato avanti per la prima volta nei Caraibi. Il programma prevede il trasferimento e l’applicazione di pezzettini di corallo vivo – raccolti da porzioni ancora sane della barriera corallina – su scheletri di corallo morto o addirittura su installazioni artificiali che riproducono la barriera.
Si tratta di un processo che avviene anche naturalmente, quando frammenti di corallo trasportati dalle correnti raggiungono una nuova scogliera, ripopolandola. Ma il gruppo di Suggett lo replica a velocità decisamente aumentata, e con successo: i risultati sono visibili e soddisfacenti, anche se il costo dell’operazione non è affatto basso. Ed è qui che interviene l’innovazione. È stata messa a punto una struttura hi-tech che fa da punto di aggancio ai frammenti di corallo, pensata per essere rapida da installare ma molto efficiente a livello di performance. Così in una sola immersione possono essere agganciate centinaia di queste strutture, che peraltro si degradano nel tempo quando il corallo ha ripreso la sua forma.
Come sta andando? Così bene che l’allevamento è stato replicato anche sulla terraferma, con veri e propri vivai di coralli che poi vengono redistribuiti in stock: una sorta di nursery per accompagnarli nella crescita prima di posizionarli in mare. Un sistema che ha l’ulteriore vantaggio – come spiegano gli addetti ai lavori – di facilitare la riproduzione ed evitare il problema dei predatori.
Genetica corallina, linee cellulari e altoparlanti
Non tutti i tipi di barriera corallina sono uguali, e anzi oggi sappiamo che proprio la loro varietà e biodiversità garantiscono quei rapidi cambiamenti che le caratterizzano, legati da una parte all’evoluzione genetica vera e propria, dall’altra ai flussi migratori. In questi decenni, nello specifico, i coralli si stanno spostando in direzione dei poli, verso nord in Giappone e verso sud nell’Oceania meridionale. In alcuni progetti dedicati alla loro salvaguardia si è pensato di favorire tali migrazioni, spostando a mano i coralli verso le aree con temperature più adatte alla loro sopravvivenza. Alcuni scienziati stanno inoltre studiando la possibilità di introdurre nelle barriere coralli geneticamente modificati, capaci di sopravvivere meglio alle condizioni climatiche attuali, usando la tecnica Crispr-Cas9, il celeberrimo “taglia e cuci” del DNA.
Peraltro, senza bisogno dell’intervento umano, nel Mar Rosso si è già sviluppata una popolazione di coralli estremamente resistente al caldo: se di norma è sufficiente 1°C di innalzamento della temperatura media nel loro habitat a comprometterne la sopravvivenza, questi coralli addirittura proliferano meglio se fa più caldo, e tollerano fino a 6-7°C in più.
È invece di metà 2021 la notizia della prima linea cellulare con vita indefinita ottenuta dai coralli, utile per portare avanti esperimenti di laboratorio, conoscere più a fondo queste creature e magari carpire qualche segreto in più a proposito di punti di forza e di debolezza a livello di singola cellula e delle caratteristiche delle relazioni simbiotiche.
Come sappiamo bene, però, non c’è tempo da perdere, e l’impoverimento globale di coralli sta già determinando grossi problemi a molti ecosistemi marini. Per questo sono in atto anche una serie di soluzioni provvisorie: barriere coralline artificiali stampate in 3D, dotate di altoparlanti subacquei che riproducono il rumore di una barriera corallina in piena salute. La speranza è che i pesci le scambino per vere e le popolino, riequilibrando l’intero ecosistema.
Innovazione socio-economica per salvare i coralli
Nella salvaguardia delle barriere coralline vanno però considerati anche aspetti culturali, finanziari e di stabilità economica. Da un lato è fondamentale promuovere tra le popolazioni che vivono in prossimità delle barriere coralline una cultura che metta in luce il modo migliore di interagire con questi fragili ecosistemi, sensibilizzandole sui danni causati dalla pesca sfrenata. Dall’altro lato è necessario offrire loro delle possibilità economiche alternative, utili anche in caso la barriera corallina dovesse sparire del tutto. In questo modo sarebbe più facile far accettare a tali popolazioni la possibile imposizione sia di blocchi dello sfruttamento intensivo delle coste, attività che compromette la resilienza complessiva dell’ecosistema stesso, sia, dove necessario, di blocchi totali alla pesca e alla frequentazione dell’area, in modo da consentire alla natura, libera il più possibile dall’interferenza umana, di ritrovare un proprio equilibrio e far proliferare la vita.