Che cos’è questa malattia e quali sintomi provoca? È contagiosa? Ha a che fare con la ruggine? Come possiamo prevenirla?
Il tetano è una malattia grave, per fortuna oggi rara, causata da uno specifico patogeno che infetta l’organismo dopo essere penetrato nel corpo attraverso un taglio, un’ustione o una ferita, anche non necessariamente estesi. Stando agli ultimi dati disponibili, diffusi dal rapporto epidemiologico annuale dello European center for disease prevention and control (Ecdc), pubblicato a dicembre 2020, i casi annuali registrati nel nostro continente nel corso del 2018 ammontavano a 92, in linea con quello dei 12 mesi precedenti.
Se consideriamo l’Italia, il periodo 2014-2018 ci vede però protagonisti di un triste primato: nel nostro Paese sono stati registrati il 41 per cento dei casi totali europei, 196 su un totale di 478. Le più colpite sono le persone con più di 65 anni (che costituiscono circa il 75 per cento dei casi), non vaccinate o che non avevano completato l’intero ciclo vaccinale, con le donne in maggioranza rispetto agli uomini.
Globalmente la malattia costituisce un importante motivo di preoccupazione in diversi Paesi, specialmente in quelli a basso reddito dove la copertura vaccinale è ancora bassa.
Ma quali sintomi provoca il tetano? Come si trasmette la malattia e come ci si può proteggere? Andiamo con ordine.
L’origine del tetano
All’origine della malattia c’è il Clostridium tetani, un batterio che si trova, in forma di spore, disseminato praticamente ovunque nel terreno, nella polvere e nelle feci di animali, soprattutto equini e bovini. Il batterio è un cosiddetto anaerobio, necessita cioè per riprodursi di un ambiente privo di ossigeno; come spora può però sopravvivere esposto all’aria e conservarsi molto a lungo, anche per anni.
La malattia insorge quando le spore penetrano in una ferita e, favorite dalle condizioni di carenza di ossigeno dei tessuti danneggiati, possono germinare e produrre la neurotossina responsabile dei sintomi e dei danni causati dalla malattia. La tossina tetanica, così si chiama, può a questo punto entrare in circolo (sanguigno e linfatico) e raggiungere il sistema nervoso centrale, interferendo con i neurotrasmettitori che regolano la contrazione dei muscoli, o motoneuroni.
Cosa succede durante la malattia
I sintomi del tetano sono inizialmente contrazioni muscolari dolorose, di solito nei muscoli della mascella e del collo, seguite da spasmi muscolari diffusi. I sintomi, chiamati ipertonia nel gergo medico, insorgono di solito nell’arco di 4-20 giorni dal contatto con il patogeno, in alcuni casi anche prima. Di fatto il tetano si presenta come una paralisi spastica che colpisce prima viso e collo per poi espandersi al torace, all’addome e infine agli arti. Uno dei sintomi caratteristici nella fase iniziale della malattia è il cosiddetto trisma tetanico, cioè l’impossibilità di aprire la bocca per la paralisi del massetere, il muscolo della mandibola. Insieme allo spasmo dei muscoli della mimica facciale, questo sintomo è responsabile di un’espressione facciale considerata “tipica” delle persone colpite dal tetano e da alcune forme di avvelenamento, chiamata risus sardonicus.
Nell’arco di poco tempo, e in relazione alla gravità, le contrazioni si diffondono progressivamente in tutto il corpo e possono, nei casi più gravi, portare alla morte per blocco respiratorio. Il tasso di mortalità è variabile tra il 20 e l’80 per cento e dipende da diversi fattori, in particolare dall’età dei pazienti e dalla possibilità o meno di offrire cure tempestive. Tali cure consistono, per esempio, di alte dosi di farmaci miorilassanti per placare le contrazioni, di assistenza ed eventualmente di tentativi di rianimazione.
L’importanza della prevenzione
L’unica vera arma a nostra disposizione per proteggerci in modo sicuro dal tetano è prevenirlo con la vaccinazione. Gli anticorpi prodotti in seguito alla somministrazione del vaccino, che avviene con un’iniezione intramuscolare, sono infatti capaci di neutralizzare la tossina eventualmente in circolo prima che questa raggiunga le terminazioni nervose. Il vaccino non può indurre la malattia, poiché contiene la tossina del tetano in una forma inattivata, che non può esercitare alcun effetto nocivo ma che è in grado di stimolare la risposta immunitaria.
Nel nostro Paese il vaccino contro il tetano è obbligatorio e gratuito. Il calendario vaccinale prevede l’inoculazione di tre dosi nel corso del primo anno di vita (al terzo, al quinto e all’undicesimo mese) e richiami a cinque-sei anni di età e poi ogni dieci anni. Questo perché la protezione può diminuire nel corso del tempo, anche in chi ha avuto la malattia, ed è quindi importante seguire scrupolosamente il calendario vaccinale.
Qualora ferendosi si entrasse accidentalmente in contatto con possibili fonti di contaminazione, per esempio il suolo o un utensile, è bene accertarsi di essere all’interno della “finestra” di copertura del vaccino. Nel caso fossero invece passati oltre dieci anni dall’ultimo richiamo, è necessario rivolgersi subito al proprio medico curante o al pronto soccorso, dove oltre a medicare in modo opportuno la ferita potranno eventualmente somministrare, valutando di caso in caso, una dose del vaccino oppure specifiche immunoglobuline a scopo preventivo, per provare a neutralizzare eventuali tossine (una pratica che però non garantisce la stessa efficacia del vaccino).
Il perché del “chiodo arrugginito”
Il tetano, è bene sottolinearlo, non è contagioso, cioè non si trasmette direttamente da persona a persona, bensì per contatto della pelle lacerata con superfici contaminate dalla spora del batterio. Superfici che però non sono solo il “chiodo arrugginito” o, più in generale, “la ruggine”, come sostiene una diceria molto diffusa.
I materiali arrugginiti – come per esempio il filo spinato, vecchie lamiere o utensili da lavoro – sono una delle tante possibili fonti di contaminazione, ma questo non perché la ruggine di per sé possa procurare il tetano, bensì perché quando una superficie è arrugginita (mostra cioè segni di usura, in questo caso particolare di ossidazione), è probabile che sia rimasta per molto tempo all’aperto, a contatto con sporcizia e fonti di contaminazione, ed è pericolosa per questo. A maggior ragione se acuminata o tagliente.
Una delle fonti di rischio invece meno conosciute, o più sottovalutate, è l’attività di giardinaggio, durante la quale si entra facilmente in contatto con la terra e potenzialmente con le spore. Particolare attenzione va prestata se si coltivano piante come le rose: è facile pungersi con le loro spine e l’uso concomitante di concime (spesso feci di cavallo) può costituire un’insidia.