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Un aiuto hi-tech per non sprecare cibo

Intelligenza artificiale e innovazione scientifica offrono strumenti inediti per la lotta allo spreco alimentare. Nuove confezioni, etichette “intelligenti” e bidoni della spazzatura evoluti possono dare un notevole contributo, ma serve anche una valorizzazione culturale del cibo prodotto.

Da tempo immemore l’umanità cerca di proteggere gli alimenti e prolungare il loro tempo di vita utile, in dispensa o in cucina, inventando soluzioni sempre nuove. Tra le tecniche più antiche si ricordano, per esempio, la salatura, l’affumicatura, la fermentazione, mentre più recenti sono il raffreddamento e la pastorizzazione. Ma non siamo certo al traguardo finale: scienza e tecnologia possono ancora oggi offrire soluzioni all’avanguardia. Accanto a invenzioni relativamente recenti, come i conservanti di sintesi, i confezionamenti in atmosfera protettiva e le tecniche di precottura, oggi stanno maturando idee decisamente più hi-tech per mantenere gli alimenti.

La Giornata internazionale di sensibilizzazione sulla perdita di cibo e sulla riduzione degli sprechi (International Day of Awareness on Food Loss and Waste Reduction), che si celebra oggi, 29 settembre, è un’ottima occasione per fare il punto della situazione e riportare l’attenzione su un tema quanto mai importante. Si tratta infatti del valore economico ed energetico associato agli alimenti che consumiamo ogni giorno.

Spreco alimentare significa anche spreco energetico

Una recente indagine statunitense ha stimato che il 20 per cento circa del cibo prodotto venga buttato invece di essere usato per sfamare persone e salvare vite. Sempre secondo l’analisi, ciò comporta uno spreco di energia pari al 35 per cento del . A evitare questi sperperi potrebbero aiutare alcuni interventi tecnologici all’altezza delle altre sfide ecologiche che stiamo affrontando.

Ormai vi è una consapevolezza piuttosto diffusa dei costi, ambientali ed energetici, oltre che economici, della produzione di cibo. Per questo a molti sono chiare la necessità e l’urgenza di modificare i consumi in modo da raggiungere una maggiore efficienza ed efficacia. Spesso lo spreco è addirittura doppio: da un lato si producono inutilmente alimenti di cui poi non si sfrutterà il potere nutritivo, dall’altro gli esuberi non consumati in tempo utile sono smaltiti in maniera inefficiente. I dati mostrano inoltre che l’industria alimentare utilizza, negli imballaggi alimentari, grandi quantità di plastica sintetica derivata da combustibili fossili. Ecco perché, negli ultimi tempi, l’attenzione verso contenitori per alimenti che siano davvero sostenibili è sempre più alta.

La ricerca di nuove tecniche di protezione del cibo

Dalla collaborazione tra la Nanyang Technological University di Singapore e la statunitense Chan School of Public Health Initiative for Sustainable Nanotechnology, presso la Harvard University, è nato un importante stimolo per la ricerca scientifica sui confezionamenti alimentari. Attualmente sono purtroppo utilizzati in prevalenza materiali non biodegradabili, come le pellicole trasparenti. Alcuni ricercatori dei due istituti, che hanno pubblicato i risultati ottenuti sulla rivista Nature Food a giugno 2022, hanno proposto un sistema di imballaggio antimicrobico non solo atossico e biodegradabile, ma anche in grado di migliorare la sicurezza alimentare e la longevità degli alimenti. Ridurre le possibili infezioni e le malattie provocate da cibo mal conservato è, peraltro, una sfida quanto mai attuale, considerando che, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la contaminazione microbica causa nel mondo oltre 400.000 morti all’anno.

I ricercatori si sono ispirati ai film protettivi utilizzati anche dall’esercito per proteggere le ferite dalle infezioni. Sfruttando le conoscenze acquisite in questo campo, hanno deciso di provare a utilizzare il cosiddetto pullulano, una fibra a base di un polisaccaride commestibile, considerato sicuro dalla Food and Drug Administration statunitense. In effetti cibo e ferite presentano esigenze sovrapponibili contro le possibili contaminazioni: essere protetti da funghi e batteri e mantenere tassi di umidità e ossigenazione controllati. Le fibre di pullulano possono soddisfare queste esigenze con una distribuzione uniforme, tramite spray sui prodotti, a costi contenuti e con un utilizzo di materiale altrettanto limitato.

Una spruzzata che allunga la vita

Il primo esperimento è stato eseguito sugli avocado, frutti che tendono a degradarsi piuttosto rapidamente in condizioni normali. Paragonando frutti avvolti nel pullulano e altri lasciati non protetti, si è dimostrata nei primi una maggiore durata e una minore perdita di peso. La tecnologia, che utilizza nanoparticelle, è in grado di conferire ulteriori qualità a questo tipo di packaging: è possibile infatti aggiungere al prodotto agenti antimicrobici come olio di timo, nisina e acido citrico, che assieme alla pellicola possono avvolgere il cibo e proteggerlo in modo poco costoso e, a quanto risulta finora, non tossico.

Per spruzzare il composto sugli alimenti è stata usata una tecnica denominata Rjs: uno strato sottilissimo, dello spessore di qualche micrometro o addirittura nanometro (un milionesimo di millimetro), è distribuito sfruttando un sistema a centrifuga. Stando a quanto dichiarato dagli autori della ricerca, il sistema sperimentato pare avere il potenziale per essere utilizzato su larga scala. In tal caso potrebbe diventare un metodo efficace per produrre imballaggi alimentari antimicrobici a basso costo, soprattutto per cibi deperibili e nei casi in cui il rischio di contaminazione, per esempio con il batterio Escherichia coli, è più alto.

Quando l’intelligenza artificiale migliora la gestione degli alimenti

Un altro aiuto per la riduzione degli sprechi alimentari viene dal software e, in particolare, da nuovi sistemi che sfruttano l’intelligenza artificiale per migliorare la gestione quotidiana del cibo. I dati disponibili indicano, tra le principali cause di spreco alimentare, il problema della gestione delle date di scadenza. A volte, banalmente, le dimentichiamo e ci ritroviamo in frigorifero cibi che hanno superato ogni possibilità di consumo sicuro. Ma accade anche il contrario: spesso gettiamo cibi ancora perfettamente commestibili sulla base di quanto riportato sulla confezione. Etichette “intelligenti”, sensibili alle temperature e capaci di misurare lo stato di deterioramento dei prodotti, potrebbero permettere di indicare con maggiore accuratezza se il cibo è ancora commestibile oppure no. In alcuni casi potrebbero anche essere in grado di inviare delle notifiche poco prima che un alimento diventi non commestibile.

Sulla scia di queste tendenze è in fase di sperimentazione in Germania un’applicazione che, attraverso uno spettrometro a infrarossi, riesce a effettuare un’analisi dei prodotti, stabilendone il grado di deterioramento. Un’altra novità che potrebbe essere molto utile, soprattutto per i ristoranti, riguarda una ricerca in corso sui bidoni della spazzatura: grazie all’utilizzo di una telecamera e a un sistema di riconoscimento ottico integrato con una bilancia digitale, informazioni sono raccolte sul cibo che finisce quotidianamente gettato. Dall’insieme dei dati ottenuti sarà possibile avere un quadro completo e preciso degli sprechi alimentari, così da cercare soluzioni valide per migliorare le performance negli ambiti dove si verificano i maggiori sperperi.

Gli esempi in questo senso sono tantissimi, dai frigoriferi “smart” che monitorano scadenze e temperature dei cibi, ai sistemi di confezionamento più tradizionali, in grado di allungare la vita degli alimenti, passando per i cartellini digitali connessi tramite tecnologia blockchain. Insomma, la tecnologia può fornire gli strumenti necessari per arginare il problema degli sprechi alimentari e rendere più sicura e controllata la conservazione dei cibi; il resto deve farlo anche – o forse soprattutto – la buona volontà da parte di famiglie, aziende e altri attori della filiera alimentare.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
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