TORNA ALLE NEWS

A che punto siamo con l’alimentazione a base di insetti?

alimentazione a base di insetti

Più che in ambito scientifico e tecnologico, le perplessità al momento sono legate a questioni legali, sanitarie e soprattutto culturali, per cui la prospettiva più interessante per ora è di utilizzare gli insetti per la nutrizione animale.

Da tempo la crescita della popolazione mondiale e la conseguente necessità di ottimizzare le risorse disponibili e trovare ulteriori fonti di cibo hanno portato gli scienziati a riflettere sull’opportunità di sfruttare gli insetti e le loro notevoli proprietà nutrizionali per l’alimentazione umana, diretta o indiretta. Perplessità, disgusto e repulsione sono però le prime reazioni che questa idea stimola soprattutto negli abitanti dei Paesi occidentali, dove la prospettiva di mangiare coleotteri, come maggiolini e scarafaggi, ortotteri, come grilli e cavallette, o aracnidi, come ragni e scorpioni, non è considerata particolarmente allettante.

I vantaggi degli insetti

Da un punto di vista biologico e fisiologico, gli insetti sono eccellenze di sostenibilità. Dato che non utilizzano energia per scaldarsi, possono infatti convertire la maggior parte di ciò che mangiano in biomassa, con un tasso di conversione impressionante: si arriva infatti a un grammo di peso corporeo guadagnato ogni 1,7 grammi di cibo ingerito (per fare un paragone, per una mucca il rapporto è grossomodo di uno a dieci).

Un secondo punto a favore degli insetti è la loro concentrazione proteica. La carne del bestiame allevato è composta normalmente per circa il 50 per cento da proteine; da questo punto di vista gli insetti invece mediamente superano il 60 per cento, con punte fino all’80 per cento. Si tratta in pratica di eccezionali “trasformatori” di scarti alimentari in proteine, e per questo rappresentano un anello decisivo nella circolarità dei processi.

Oltre a garantire una resa proteica molto superiore a qualunque coltura o allevamento di animali di grossa taglia, gli insetti hanno anche il vantaggio di poter sopravvivere consumando pochissima acqua e pochissimo suolo. Provocano inoltre emissioni trascurabili di gas serra e il loro allevamento non comporta particolari dispendi energetici. Anzi, in particolare per quanto riguarda il suolo, si potrebbe addirittura dire che a volte si registra un “consumo di segno negativo”, cioè un aumento della disponibilità dei terreni, perché gli insetti possono essere allevati sfruttando substrati di crescita che non sarebbero utilizzabili per l’alimentazione umana o animale, oppure recuperando aree altrimenti inutilizzabili.

Ma è sicuro nutrirsi di insetti?

Quello dei rischi sanitari legati al consumo di insetti è naturalmente un tema che non può essere ignorato. Anche se ci sono popolazioni che se ne nutrono da millenni, oggi sia gli scienziati sia autorità regolatorie – tra cui l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), in un rapporto del 2015 – ci dicono, per esempio, che nel corpo di alcuni insetti possono accumularsi sostanze tossiche come arsenico e cadmio, funghi potenzialmente pericolosi o una flora batterica dannosa per le persone. Infine, va tenuto conto che alcune specie di insetti potrebbero determinare reazioni allergiche.

Tutte queste criticità, di cui la scienza si sta occupando, non sembrano però insormontabili. Buona parte dei problemi può essere risolta semplicemente con un trattamento termico, ossia in sostanza evitando di consumare insetti crudi e facendolo solamente previa cottura. Non un grande sacrificio, insomma. E poi è decisivo monitorare con attenzione il substrato da cui gli insetti traggono il nutrimento, oltre che il processo di lavorazione che porta dall’allevamento al piatto.

Un ultimo tema cui fare attenzione è la possibilità che introdurre grandi allevamenti di insetti per l’alimentazione alteri l’ecosistema, invadendo spazi occupati da altre specie. Al momento il rischio è considerato molto basso, perché di fatto in molti Paesi è quasi impossibile ricevere le autorizzazioni necessarie a importare specie provenienti da altre aree del mondo, ma in generale l’introduzione di esemplari tipici di altri continenti è da valutare con cautela.

Chi saranno i consumatori?

Accanto a un certo numero di curiosi sperimentatori che non avrebbero certo problemi ad assaggiare un panino alla cavalletta o una zuppa di grilli, va detto che la grande maggioranza delle persone dichiara di non essere incline a farsi servire piatti a base di insetti. Eppure, per massimizzare i vantaggi in termini di sostenibilità e filiera, sarebbe preferibile optare per alimenti meno elaborati possibile. Meglio l’insetto intero, insomma, che un prodotto derivato.

Un compromesso che pare percorribile, per tentare di superare le perplessità, è di presentare l’insetto non nella sua forma naturale, ma trasformato in uno sfarinato o in una pasta, mescolandolo poi ad altri ingredienti per nasconderne in parte pure il sapore. Pane, biscotti, cracker e dolciumi realizzati con una certa percentuale (spesso piuttosto bassa) di farina di insetti si stanno affacciando con un certo successo sul mercato internazionale.

Meno efficace, ma probabilmente ancora più facile da accettare per il pubblico, sarebbe invece la strategia di aprirsi al consumo di insetti solo indirettamente, vale a dire mangiando carne (o derivati) di animali, per esempio pesci e suini, cresciuti con un piano alimentare che include anche gli insetti. Il maggior vantaggio di questo approccio è che si potrebbero destinare ad altri usi le coltivazioni come la soia o le centinaia di tonnellate di pesce che ogni anno finiscono nei mangimi per gli animali da allevamento.

Una normativa ancora in evoluzione

Dopo il regolamento europeo del 1997, che disciplinava i cosiddetti “novel food ma rimaneva molto ambiguo per quanto riguarda le norme da seguire nella produzione di alimenti che contengono insetti, la più recente revisione (nel 2015) ha risolto molti dei punti che restavano in sospeso. In estrema sintesi, dal 2018 gli insetti possono essere introdotti nel mercato alimentare europeo tramite autorizzazione della Commissione europea, a patto che l’Esaf abbia completato la procedura di valutazione e abbia dato il proprio via libera. Secondo l’interpretazione di un regolamento precedente (il numero 1069 del 2009), affinché possano essere considerati edibili, gli insetti devono essere allevati e non cacciati, anzitutto per ragioni di sicurezza alimentare.

La legislazione italiana fin dal 2001 ha esteso la definizione dell’attività di allevatore in modo che comprendesse non solo l’allevamento del bestiame ma anche quello di qualunque altro tipo di animale. In linea di principio l’attività di allevamento potrebbe avere come destinazione sia il consumo diretto sia quello indiretto, attraverso appunto la realizzazione di mangimi. Secondo l’ultimo aggiornamento normativo disponibile, ossia una nota del Ministero della salute dell’8 gennaio 2018, se da un lato sia gli insetti sia i loro derivati sono considerati “novel food, dall’altro nessuna specie è stata ancora autorizzata per l’uso nell’alimentazione diretta umana. Nel frattempo quindi è consentita la commercializzazione solo degli alimenti a base di insetti destinati al consumo indiretto, anche se ci si attende che le prime autorizzazioni possano arrivare a breve.

In altri Paesi europei sono invece stati sfruttati dei cavilli normativi. Il Belgio ha concesso una proroga al commercio di ben 10 specie non ancora autorizzate, dal grillo domestico al verme di farina, e nei Paesi Bassi esistono fattorie che allevano proprio alcuni di questi insetti. Finlandia e Danimarca hanno aperto alla possibilità di importare esemplari interi provenienti da Paesi al di fuori dell’Unione europea, mentre la Germania ha concesso la vendita di prodotti che contengono una componente di insetti sfarinati, per produrre pasta e altri prodotti da forno.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
share