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Benvenuti pazienti-avatar, ma senza scordare le persone fisiche

Le sperimentazioni cliniche virtuali, con l’ausilio dei big data e dell’intelligenza artificiale, possono ridurre i rischi per i pazienti, facilitare la pratica medica, ridurre i costi e velocizzare l’arrivo in corsia delle innovazioni. Il progetto Virtual Physiological Human potrebbe presto portare alla creazione di avatar molto specifici e di alta precisione.

Svolgere ricerche cliniche non solo con volontari in carne e ossa, ma anche con pazienti virtuali può permettere di velocizzare i processi di sperimentazione e di generare notevoli quantità di dati utili a migliorare la pratica clinica, rendendo tangibili le potenzialità di nuovi strumenti tecnologici come l’intelligenza artificiale. In pratica, i pazienti su cui sperimentare vengono generati artificialmente, sotto forma di avatar digitali, con le condizioni di salute specifiche che si desidera simulare. Grazie a questi avatar si ricreano o si immaginano situazioni patologiche che in alcuni casi non sarebbe possibile osservare.

Per esempio, si può prendere spunto da un paziente reale per esaminare poi digitalmente i possibili decorsi clinici e l’efficacia di alcune terapie: tutto questo mediante dati sintetici, ossia informazioni generate tramite algoritmi anziché raccolti nel mondo reale. Le sperimentazioni cliniche virtuali potrebbero anche permettere di risparmiare tempo e denaro per i sistemi sanitari e di migliorare alcuni aspetti della pratica clinica. Tutto questo non elimina però la necessità, anche per legge, di eseguire studi clinici sperimentali in volontari umani.

Come funziona una sperimentazione clinica digitale

Vediamo qualche esempio. Utilizzando i dati di una tomografia assiale computerizzata (TAC) o di una risonanza magnetica (RM), si può iniziare a realizzare una simulazione tridimensionale di un potenziale paziente. Di questo avatar si possono monitorare le condizioni di salute e ottenere previsioni le più accurate possibili sugli ipotetici decorsi clinici. Si produce così una sorta di sistema virtuale con cui anticipare e prevenire i possibili problemi che potrebbero emergere nella realtà.

Questo approccio stimola la collaborazione interdisciplinare e la realizzazione di progetti ambiziosi. Per esempio, la diagnostica clinica necessita di competenze del mondo medico quanto da quello tecnologico. Lo stesso vale per l’implementazione delle più recenti scoperte scientifiche nella pratica clinica. Grazie all’intelligenza artificiale e alle sperimentazioni virtuali, i benefici della ricerca potrebbero essere messi più rapidamente a disposizione delle persone nelle corsie degli ospedali.

Uno dei settori in cui le sperimentazioni cliniche virtuali potrebbero fare la differenza è quello farmacologico, dove diventa possibile valutare, entro certi limiti, l’impatto sull’organismo dell’assunzione di un principio attivo. Si possono anche studiare gli effetti di un nuovo dispositivo medico applicato a un organo o a un tessuto, con il vantaggio che con il paziente virtuale non si mettono a rischio vite umane e si riduce l’impiego di volontari sani all’interno dei gruppi di controllo. Certamente non si potrà abolire la sperimentazione clinica nei pazienti, per evidenti motivi anche legali, ma potrebbe forse diventare possibile ridurre gli effetti indesiderati di alcuni farmaci e variare le somministrazioni in maniera più efficace e mirata.

L’impatto di questi strumenti potrebbe essere rilevante anche in ambito ematologico, dove esistono già banche dati molto ricche che potrebbero essere condivise e integrate in tempi abbastanza rapidi. Questo permetterebbe di trovare analogie tra le situazioni cliniche di pazienti in cura presso strutture fisicamente lontane, ma virtualmente vicinissime. Peraltro, le malattie che coinvolgono il sangue presentano sfaccettature molto particolari e una grande varietà clinica, per cui è necessario arricchire di continuo le informazioni disponibili. Grazie ai pazienti avatar, i nuovi dati potrebbero essere il frutto di sperimentazioni virtuali, oltre che derivare da persone reali.

Ecco da dove possono derivare i dati sintetici, che dovranno però essere strutturati in modo tale da poter essere confrontati e integrati con le informazioni in arrivo dai pazienti reali. Solo dopo questa armonizzazione i dati ottenuti con le simulazioni virtuali potranno diventare una fonte di conoscenza affidabile e utile.

Un altro esempio interessante è lo sviluppo di tecnologie in grado di monitorare le capacità di movimento di pazienti affetti da malattie del sistema motorio come l’atassia o le varie forme di distrofia muscolare. Tali tecnologie sono state messe a punto anche traendo ispirazione da tecniche proposte in film di fantascienza in cui erano protagonisti alcuni avatar umani.

Un ulteriore caso virtuoso è riportato in alcuni articoli recentemente pubblicati sulla rivista Nature Medicine, a partire da studi di ricercatori, medici e informatici britannici, tedeschi e italiani. Scopo degli studi era valutare se con queste tecniche avanzate sia possibile prevedere in modo affidabile il progredire, in genere variabile e incostante, dei danni al sistema nervoso. I ricercatori hanno anche cercato di trovare maniere di valutare l’efficacia di una terapia in appena alcuni mesi. Ciò permetterebbe di non dover attendere i periodi molto più lunghi, necessari negli studi clinici con pazienti affetti da queste malattie.

Un futuro più preciso e mirato

Questi metodi, intuitivamente ben comprensibili, sono piuttosto complicati da mettere in pratica. Serve, per esempio, definire e armonizzare le caratteristiche condivise dei dati messi a disposizione di tutte le strutture sanitarie, tutelando la riservatezza dei dati e la privacy. Attualmente si stima che occorreranno almeno 20 anni per arrivare a realizzare avatar completi di pazienti, in grado di simulare in toto gli effetti di una terapia o di un farmaco specifico sull’intero organismo. Proprio a questo scopo è nato il progetto Virtual Physiological Human, già fortemente sostenuto dall’Unione europea da diversi anni, che mira a promuovere la realizzazione di un gemello digitale di un essere umano.

Dalla dettagliata osservazione di ciò che succede all’interno del corpo umano, con gli strumenti digitali potrebbe diventare possibile stabilire gli effetti della somministrazione di determinate terapie sui vari organi. L’obiettivo a cui si punta è particolarmente ambizioso: arrivare a possedere avatar di se stessi, per poter prevedere con precisione ciò che può accadere all’organismo a seguito di un qualsiasi evento clinico e farmacologico.

Per ora è solo poco più di un sogno, ma la tecnologia sta facendo passi da gigante in tempi più rapidi di quanto si creda: già nel giro di qualche anno i pazienti avatar personalizzati potrebbero diventare, digitalmente, realtà.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
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