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Un gemello digitale per curarci meglio

I tentativi di replicare in un software funzioni e processi fisiologici possono a volte aiutare a chiarire alcuni lati complessi del nostro organismo, inclusi gli eventuali problemi attuali, e forse un giorno anche quelli futuri. Ecco quali sono le prospettive e il potenziale del cosiddetto “digital twin”, o gemello digitale, applicato alla medicina.

Il cosiddetto gemello digitale, in inglese digital twin, è un concetto nato nel 2003 per indicare il corrispondente virtuale di un prodotto o sistema. L’idea di ricreare virtualmente la copia di qualcosa di fisico, o un suo modello semplificato, è potente, versatile e può essere efficace per studiare molte attività diverse. Per esempio si può tentare di riprodurre così il funzionamento di un’automobile o di un complesso industriale. O è possibile analizzare i flussi di traffico all’interno di una metropoli, o i possibili risultati di un grande esperimento scientifico. L’approccio ha anche trovato applicazione nell’ambito della medicina e della salute, attraverso la realizzazione per esempio di un analogo fatto di bit e pixel di un organo, di un processo fisiologico o addirittura di un intero essere umano.

Anche al netto dello sprint nello sviluppo dei gemelli digitali indotto dalla pandemia, le stime di crescita del settore parlano di un più 40 per cento ogni anno, per un mercato che già nel 2017 valeva intorno ai due miliardi di euro, che nel 2020 è arrivato oltre quota tre e che per la metà di questo decennio si calcola possa raggiungere un valore tra i 26 e i 35 miliardi, secondo alcune stime anche oltre i 40.

Un fratellone fatto di dati

Il gemello digitale ha trovato applicazione da pochi anni perché solo ora abbiamo le tecnologie e la capacità informatica per tentare di ricreare analoghi virtuali minimamente affidabili di processi complessi. A nutrire gli “alter ego” nell’universo digitale sono anzitutto i big data, con informazioni raccolte a più non posso da dare in pasto ad algoritmi e software di elaborazione grafica. In questo modo è possibile ricreare un modello più o meno semplificato della realtà fisica che sia capace di riprodurre il più fedelmente possibile determinati processi e dinamiche. Può sembrare tutto un po’ astratto ma, in sostanza, così come possiamo rappresentare con dei cubetti le auto che si muovono tra i semafori di una città, è possibile anche riprodurre e studiare il modo in cui un farmaco si distribuisce nel corpo, le anomalie della circolazione sanguigna o la crescita di una massa tumorale.

In ambito industriale il gemello digitale per esempio di un macchinario può aiutare a individuare precocemente le anomalie e programmarne la manutenzione. Analogamente in medicina, lo scopo di questo approccio è potenziare il sistema di cura, aiutando il medico a interpretare con maggiore profondità i risultati di un esame diagnostico o di un esame obiettivo. Una volta creato il modello di simulazione, si potrebbe poi provare a risalire all’origine di un disturbo o – viceversa – tentare di prevedere l’evoluzione di un determinato quadro clinico, per intervenire prima sulla versione digitale del paziente e poi su quella in carne e ossa.

Non uno, ma tanti gemelli

Presto potremo avere a disposizione un digital Lorenzo, una digital Anna e così via? Forse è presto per dirlo. La pratica del digital twin in sanità potrebbe essere applicata non solo a una persona nel suo complesso, ma anche a un singolo organo o tessuto. Oppure potrebbe essere utilizzata per riprodurre un intero ospedale, per ottimizzare la gestione di spazi, personale e risorse.

Il concetto di gemello digitale potrebbe essere utilizzato anche nel fascicolo sanitario elettronico del futuro: i dati clinici potrebbero permettere di ricreare una sorta di replica del paziente, che includa anche le sue abitudini quotidiane, la sua storia familiare, i fattori ambientali a cui è esposto e molto altro. Esistono anche gemelli digitali che possono essere realizzati per operazioni specifiche, per esempio per simulare e poi posizionare correttamente un qualunque tipo di protesi, o per aiutare il medico a individuare l’opzione terapeutica più adatta a uno specifico paziente. Hanno molto a che fare con i gemelli digitali anche i filoni della chirurgia robotica, della medicina personalizzata e della ricerca scientifica che si occupano dell’ideazione e della sperimentazione “in silico” di nuovi farmaci.

Addirittura, si sta lavorando allo sviluppo di digital twin che permettano di studiare anche le componenti psicologiche e comportamentali degli esseri umani, per aiutare a gestire l’evoluzione di una malattia non solo con approcci chirurgici e farmacologici, ma anche dal punto di vista dello stile di vita e del benessere percepito.

Lavoro, esperimenti e minacce

I digital twin sanitari rappresentano un’opportunità per figure professionali emergenti, perché, se da un lato al medico continuerà a spettare la decisione su come intervenire sul paziente, nel percorso di assistenza entreranno sempre più spesso scienziati dei dati e ingegneri, così come nuove figure ibride con il compito di fare interagire e dialogare efficacemente i professionisti della medicina con esperti di algoritmi e di dispositivi hi tech.

Tra gli esperimenti più recenti e interessanti in questo campo c’è per esempio quello dell’azienda francese Sim&Cure, che ha tentato di sviluppare la replica digitale di un paziente concentrandosi in particolare sul cervello per il trattamento degli aneurismi. Un altro esempio è la Dassault, un’impresa che ha messo a punto un modello virtuale di cuore (Living Heart) capace di replicare il più fedelmente possibile il flusso sanguigno di uno specifico paziente, oltre alla meccanica del battito e ai segnali elettrici, tutto a partire da una scansione a strati bidimensionali. Nell’ambito delle strutture sanitarie si sta lavorando invece ai cosiddetti sistemi Rtls (Real-time locating systems), che in tempo reale raccolgono dati sul movimento di pazienti, personale, dispositivi e apparecchiature, così da progettare la riorganizzazione degli spazi o simulare stress-test in caso di emergenze.

La lista delle applicazioni e dei possibili effetti positivi dei gemelli digitali sarebbe ancora lunga. Tra le sfide da affrontare, quella più rilevante è sicuramente il miglioramento della precisione e dell’accuratezza: l’efficacia di un digital twin dipende da quanto la rappresentazione virtuale è fedele alla realtà fisica, e quindi dalla qualità dei dati raccolti e processati, nonché dalla frequenza con cui il modello stesso può essere aggiornato.

Inoltre, tra i problemi da risolvere vi sono la privacy dei dati, la vulnerabilità a virus informatici e le minacce di attacchi da parte di hacker che possano manomettere i gemelli digitali. Il gemello digitale in sanità porta infatti dentro di sé dati e processi decisionali nell’ambito di possibili evoluzioni del quadro clinico che devono essere trattati nel rispetto delle norme etiche e di privacy. La potenzialità di questi sistemi per la salute è grande, tanto quanto le responsabilità che ne conseguono. Dunque i gemelli digitali in medicina non possono essere considerati come l’ultimo gadget tecnologico, ma come strumenti da comprendere, da maneggiare con cautela e da gestire con coscienza e nel rispetto delle leggi.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
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