TORNA ALLE NEWS

Cosa porta i bambini al sovrappeso e all’obesità

Sono sempre di più i bambini sovrappeso e obesi, forse anche in conseguenza della pandemia. Grazie alla ricerca conosciamo sempre più a fondo le cause di questi problemi.

L’obesità infantile è in aumento? Fa il punto sulla questione uno speciale da poco pubblicato sulla rivista Obesity Reviews e dedicato ai risultati dell’iniziativa Childhood Obesity Surveillance Initiative (Cosi). Si tratta di un sistema di sorveglianza, coordinato dall’ufficio regionale europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità, su sovrappeso e obesità nei bambini e nelle bambine della scuola primaria. Lo scopo è monitorare nel tempo l’entità di questi problemi e valutare i principali fattori di rischio che predispongono a questa condizione.

Obesità infantile: un problema di salute pubblica

I dati dell’ultimo rapporto sono relativi agli anni scolastici 2015-2017 e sono stati raccolti in 36 paesi della regione europea dell’Oms, coinvolgendo circa 250.000 bambini in età scolare. I numeri confermano che l’obesità infantile è un problema diffuso, di salute pubblica. Nel complesso, infatti, è stata riscontrata una prevalenza del sovrappeso (inclusa l’obesità) del 29 per cento nei bambini e del 27 per cento nelle bambine di età compresa tra i sette e i nove anni.

La situazione non è però omogenea e anzi le differenze tra i Paesi sono profonde. Le percentuali più basse di sovrappeso e obesità infantile sono state osservate nelle nazioni dell’Asia centrale: Kirghizistan, Tagikistan e Turkmenistan. I Paesi mediterranei, invece, sono quelli con i tassi più alti di obesità infantile, in particolare Cipro, Grecia, Italia e Spagna. Dai dati emerge tuttavia un tendenza a un leggero miglioramento nel corso degli anni (il monitoraggio ha avuto inizio nel 2007) nei Paesi ad alta prevalenza (Europa meridionale) e una prevalenza invece stabile o leggermente in aumento nei Paesi del nord Europa e dell’Europa orientale. La maggiore diminuzione di sovrappeso e obesità è stata osservata in Portogallo (dal 40,5 per cento nel 2007-2008 al 28,4 nel 2015-2017) e in Grecia per la sola obesità (dal 30,5 per cento nel 2009-2010 al 21,7 per cento nel 2015-2017). Italia e Spagna, che presentavano valori elevati di prevalenza del sovrappeso all’inizio del monitoraggio (superiori al 44 per cento), hanno registrato una diminuzione di circa cinque punti percentuali. La Lituania, invece, ha registrato l’aumento maggiore di sovrappeso (dal 24,8 per cento al 28,5 per cento) e obesità (dal 9,4 per cento al 12,2 per cento). Nell’Europa meridionale, dove complessivamente la prevalenza dell’obesità infantile è maggiore, gli studi mostrano un progressivo allontanamento dalle sane abitudini alimentari, come la dieta mediterranea. Così come sembra essere cresciuta la sedentarietà: i bambini e le bambine praticano meno attività fisica rispetto ai coetanei che vivono in altre regioni d’Europa.

Nella maggior parte dei Paesi le tendenze per quanto riguarda sovrappeso e obesità sono simili se confrontiamo ragazzi e ragazze. Il monitoraggio dimostra che diversi Paesi europei sono riusciti a rallentare il sovrappeso e l’obesità infantili. Tuttavia la prevalenza di queste condizioni rimane comunque elevata e continuano a esserci importanti differenze tra Paesi e gruppi socioeconomici. Gli stessi autori dell’analisi sottolineano il fatto che sono necessari ulteriori sforzi, azioni e investimenti per raggiungere gli obiettivi indicati dal Piano d’azione dell’Oms per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili.

Il peso dei fattori socioeconomici

Le cause dei problemi di peso nei bambini sono molteplici. Vi sono fattori biologici e genetici, ma contribuiscono anche fattori ambientali, come la pubblicità aggressiva delle aziende produttrici di alimenti dal basso valore nutrizionale e dall’elevato contenuto di grassi e zuccheri (che rientrano quindi nella categoria del cibo spazzatura). Non sono poi da sottovalutare i fattori sociali, tra cui il ruolo del cosiddetto ambiente obesogenico – da intendersi come la somma di diversi fattori ambientali, quali spazio urbano, disponibilità e accesso alle aree verdi, abitudini di trasporto, abitudini di svago, produzione alimentare, disponibilità e facilità di accesso ad alimenti di scarsa qualità nutrizionale, marketing alimentare, eccetera – che, nell’insieme, promuove comportamenti non salutari.

L’obesità è fortemente condizionata dal contesto socioeconomico: la povertà ha infatti un impatto significativo e il peso delle disparità sociali è stato rilevato anche dalla “Childhood Obesity Surveillance Initiative”. Si riscontra, per esempio, una maggiore prevalenza dell’obesità tra i figli di genitori meno istruiti. Il livello di dei genitori studio (assieme all’occupazione) è infatti tra gli indicatori dello stato socioeconomico correlati al sovrappeso e all’obesità, con differenze però tra Paesi emergenti e industrializzati. Nei primi, infatti, a uno stato socioeconomico più elevato è associato un aumento del rischio di sovrappeso e obesità, mentre nei Paesi ad alto reddito si riscontra una relazione inversa.

Oltre alle abitudini alimentari e all’attività fisica praticata, anche la qualità del sonno sembra influire sul peso dei bambini. Un sonno di breve durata si tradurrebbe infatti in cambiamenti metabolici che contribuiscono allo sviluppo dell’obesità. I bambini che vivono in famiglie più disagiate corrono rischi maggiori di avere un sonno disturbato o carente: ancora una volta le disparità economiche e le caratteristiche dell’ambiente domestico hanno un impatto sulla salute dei più piccoli.

L’impatto di Covid-19 sull’obesità infantile

Anche la pandemia di Covid-19 rischia di influire negativamente sulla prevalenza dell’obesità e sui suoi fattori di rischio, innescando, tra lockdown, quarantene e altre misure restrittive per limitare il contagio, non pochi cambiamenti nelle condizioni socioeconomiche delle famiglie e nei comportamenti e abitudini della popolazione. In particolare, da quando la pandemia ha colpito la nostra società, è diventato più complicato praticare attività fisica e, per molti bambini, anche avere accesso a pasti sani e nutrienti. Si tenga presente, infatti, che per i bambini più vulnerabili la chiusura delle scuole ha comportato anche dover rinunciare a una fonte importante di cibo vario ed equilibrato.

Come mette in guardia un editoriale pubblicato qualche mese fa sulla rivista Lancet Public Health, l’aumento globale dell’obesità infantile è una sfida non da poco per la salute pubblica a lungo termine. Sfida che, appunto, potrebbe essere esacerbata dalla pandemia se non verranno prese misure adeguate. La crisi sanitaria ha acuito infatti debolezze e disuguaglianze nella società, esasperando il divario tra famiglie più e meno svantaggiate, anche sul fronte della salute. La chiusura delle scuole, le maggiori difficoltà economiche in famiglia, l’aumento del tempo trascorso in modo sedentario davanti allo schermo e il dilagare dei fast food hanno aumentato per molti bambini l’esposizione a fattori ambientali che contribuiscono all’aumento di peso.

Lo ribadisce anche l’Organizzazione mondiale della sanità: se a livello globale l’obesità nella popolazione è quasi triplicata dal 1975 e oltre 340 milioni di bambini e adolescenti di età compresa tra 5 e 19 anni sono in sovrappeso o obesi (dati 2016), lo scenario determinato dal Covid-19 ha il potenziale di amplificare la crescita dell’obesità infantile.

Monitorare l’andamento dell’obesità e del sovrappeso infantili in questo contesto è fondamentale e può aiutare a programmare politiche di prevenzione adeguate: da interventi nelle scuole, in modo che i bambini di ogni estrazione socioeconomica abbiano accesso a cibi sani e siano incoraggiati a praticare attività fisica, a iniziative finalizzate, per esempio, a disincentivare il consumo di prodotti alimentari poco salutari spingendo nel contempo verso una mobilità urbana diversa. Considerando, peraltro, che alcune misure di contrasto all’obesità infantile potrebbero avere benefici sull’intera società: gli interventi finalizzati a promuovere una mobilità attiva – e a spostarsi quindi di più a piedi o in bicicletta –, anche solo per recarsi a scuola, contribuirebbero alla riduzione sia della sedentarietà sia dell’inquinamento atmosferico, giovando quindi alla salute della collettività.

Simona Regina
Giornalista professionista, lavora come freelance nel campo della comunicazione della scienza. Scrive di salute, innovazione e questioni di genere e al microfono incontra scienziati e scienziate per raccontare sfide e traguardi della ricerca. People Science & the City è tra le trasmissioni che ha curato e condotto su Radio Rai del Friuli Venezia Giulia. Elogio dell'errore la sua ultima avventura estiva. Su Rai Play Radio il podcast che ha realizzato per Esof2020 che racconta Trieste città europea della scienza: Magazzino 26. Ogni anno si unisce all'equipaggio del Trieste Science+Fiction Festival per coordinare gli Incontri di futurologia, quest'anno approdati sul web come Mondofuturo.
share