TORNA ALLE NEWS

Le tossine animali: quali sono le principali e come esercitano la propria azione velenosa

Serpenti, ragni, pesci: nel corpo di questi animali si nascondono alcune delle sostanze più tossiche per gli esseri umani, con sorprendenti meccanismi d’azione.

Numerosi specie animali contengono, nell’organismo, sostanze per noi pericolose. Si tratta delle zootossine, agenti che, come suggerisce il nome, sono di origine animale e possono generare un danno al nostro organismo. Possiamo entrare in contatto con queste sostanze per ingestione, quando nel sangue, nei muscoli o nel fegato di un animale di cui ci alimentiamo sono presenti, appunto, delle tossine. In questo caso si parla di animali tossici. Oppure le tossine possono entrare nel nostro corpo attraverso la puntura o il morso da parte di animali che sono in grado di produrre sostanze a noi nocive, in ghiandole specializzate, e di somministrare tali sostanze attraverso uno specifico apparato. In questo secondo caso la sostanza è detta veleno e gli animali, velenosi.

Ecco in rassegna – pur senza alcuna pretesa di esaustività – alcuni esempi di zootossine a volte letali dalle quali è bene stare alla larga.

Nel veleno dei serpenti

Nel mondo si contano più di 3.500 specie di serpenti, ma per fortuna solo alcune centinaia sono pericolose per gli esseri umani, in quanto producono, attraverso ghiandole mandibolari poste sotto gli occhi, sostanze velenose che vengono “recapitate” al destinatario attraverso i denti. Che cosa contengono i veleni dei serpenti? Si tratta di miscele caratterizzate dalla presenza di più tossine contemporaneamente, in genere di natura proteica: enzimi oppure peptidi privi di attività enzimatica.

Ce ne sono di molti tipi diversi , ma fondamentalmente i loro effetti sono di due tipi: le tossine neurotossiche colpiscono il sistema nervoso bloccando la trasmissione dei segnali, mentre quelle emorragiche esercitano un’azione anticoagulante sul sangue.

I sintomi e il decorso dell’avvelenamento da morso di serpente negli esseri umani variano notevolmente a seconda del tipo e della quantità di veleno iniettato, e della sede del morso: la pericolosità aumenta con la vicinanza al capo e all’addome, dove si trovano gli organi vitali. Altri fattori da considerare sono le caratteristiche dell’individuo colpito, tra cui l’età e la corporatura (i bambini, per intenderci, rischiano più degli adulti).

Si stima che ogni anno siano attorno ai 5 milioni i casi di morso di serpente nel mondo, concentrati soprattutto nelle regioni tropicali e subtropicali. Di questi circa 100.000 sono mortali. In Italia sono presenti solo quattro specie di vipere velenose, con bassissime percentuali di letalità. Sono le popolazioni rurali delle regioni tropicali e subtropicali a contare la stragrande maggioranza delle vittime, tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità ha inserito il morso di serpente tra le malattie tropicali neglette.

Non esistono purtroppo vaccini in grado di prevenire le conseguenze di un eventuale morso di serpente; disponiamo però di specifici sieri, formulati in base alla composizione dei diversi veleni, che possono essere utilizzati come antidoto. Se possono essere somministrati rapidamente e nei modi prescritti, sono in grado di neutralizzare efficacemente gli effetti più letali di queste sostanze.

 Le tossine degli artropodi

Tra queste specie, che comprendono insetti, crostacei e molti altri animali, solo ragni e scorpioni producono in apposite ghiandole sostanze in grado di mettere davvero in pericolo la nostra salute. I ragni, come già visto per i serpenti, producono una miscela complessa di molecole, di cui alcune sono tossiche di per sé e altre ne potenziano l’azione. Le componenti principali del veleno dei ragni sono neurotossine che interferiscono con recettori e canali presenti sulle cellule neuronali, alterandone l’eccitabilità e la trasmissione dei segnali tra le sinapsi. Tra le componenti non neurotossiche ritroviamo invece agenti necrotizzanti, in grado di danneggiare la cute nel punto del morso, come pure in altri tessuti chiave dell’organismo (come per esempio il muscolo cardiaco). Vi sono inoltre fattori infiammatori che aumentano la permeabilità dei vasi sanguigni, favorendo la penetrazione del veleno. Per fortuna pochissime specie di ragni possono causare effetti gravi e letali negli esseri umani (tra queste, le vedove nere, i ragni della famiglia delle Atracidae, diffusi in Australia, e quelli della famiglia Phoneutria, tipici del Sudamerica). Il tasso annuale di decessi per morso di questi ragni si conta sulle dita di una mano.

Anche la tossicità delle punture di scorpione è dovuta a neurotossine che, nei casi più gravi, possono indurre un’insufficienza cardiaca o respiratoria nell’arco di alcune ore a seguito del blocco di canali ionici (del sodio, del potassio, del calcio e del cloro). In tutto il mondo, solo 30 circa sulle 1.500 specie di scorpioni note producono un veleno sufficientemente tossico da poter essere letale per l’umanità. Tuttavia, essere punti da uno scorpione, soprattutto nelle regioni tropicali, non è così raro (si contano oltre un milione di casi l’anno). Si tratta di un problema di salute pubblica laddove l’accesso alle cure mediche è limitato. Le vittime sono spesso bambini e persone anziane.

Uno sguardo sott’acqua

Le zootossine non appartengono solo alla terraferma, anzi. Tra gli animali acquatici molti sono tossici o producono veleni con i quali possiamo entrare in contatto attraverso la catena alimentare, bevendo acque contaminate o tramite punture o abrasioni della pelle provocate da un animale che produce queste sostanze.

L’esempio forse più noto di intossicazione alimentare di questo tipo è dovuto alla saxitossina. La produce un’alga microscopica, ma possiamo subirne gli effetti neurotossici consumando molluschi che a loro volta si cibano di fitoplancton, come mitili e vongole. Si tratta della sostanza responsabile dell’intossicazione chiamata, in inglese, paralytic shellfish poisoning (o Psp), che determina una varietà di sintomi come formicolio diffuso e parestesia alla bocca e poi al volto. Nei casi più gravi e in quelli non trattati tempestivamente con lavanda gastrica, può portare a collasso cardiocircolatorio e insufficienza respiratoria. La tossina si lega saldamente ai canali del sodio e li blocca, interrompendo la trasmissione nervosa.

Un altro esempio è l’intossicazione alimentare che può seguire all’ingestione di pesce palla, una specie che accumula in fegato e gonadi una neurotossina estremamente letale, chiamata tetradotossina. Se non viene preparato correttamente, questo pesce quando viene mangiato  provoca il blocco di neuroni sia sensoriali che motori fino, nell’arco di 30-60 minuti, al crollo della pressione e alla paralisi muscolare e respiratoria. Ciò può avvenire anche se il pesce è stato cotto poiché la tossina è termostabile, non viene cioè degradata dal calore.

Tra le creature marine alle quali è bene non avvicinarsi mai sott’acqua, vi è sicuramente il pesce pietra, considerato tra i pesci più pericolosi al mondo poiché accumula un potente veleno neuro- e cardiotossico nella pinna dorsale, e lo libera nel caso venga toccato, anche accidentalmente. Altri esempi noti di pesci veleniferi sono il pesce scorpione, il pesce lanterna, i trigoni e le tracine.

Gli cnidari sono un altro gruppo di organismi acquatici cui prestare attenzione. Ne fanno parte meduse, coralli e anemoni di mare, i quali, attraverso i loro organi urticanti, possono rilasciare tossine per contatto. In maggioranza, si tratta di specie che non causano danni gravi agli esseri umani e spesso si limitano a provocare effetti localizzati a livello cutaneo. Non è però questo il caso della medusa compasso, della caravella portoghese e di alcune specie di coralli che possono produrre palitossine, una famiglia di molecole estremamente tossiche.

Le tossine che uno non si aspetta

Istintivamente abbiamo paura di serpenti, ragni e scorpioni. I mammiferi sono raramente velenosi, e per questo li temiamo di meno, ma alcuni possano farci del male attraverso sostanze tossiche.

Il loris lento (Nycticebus coucang), per esempio, a dispetto delle sembianze da peluche vivente, è in grado di difendersi con un morso velenoso. Per distribuire il veleno, il piccolo primate (l’unico di cui sia nota la velenosità) alza le braccia sopra la testa e si lecca apposite ghiandole situate più o meno nell’incavo dei gomiti. La sostanza, dotata di proprietà infiammatorie e necrotizzanti, si mescola così alla saliva e si accumula sui suoi denti affilati, pronta per agire sullo sfortunato destinatario. Altri esempi di mammiferi velenosi sono il pipistrello vampiro, che quando morde libera sostanze anticoagulanti nelle proprie prede; alcune varietà di toporagno e di solenodonte (entrambi insettivori), che producono una saliva tossica; e infine l’ornitorinco. I maschi di questo mammifero sono dotati di speroni cavi situati nelle zampe posteriori attraverso i quali iniettano una miscela di molecole in grado di procurare forti dolori, gonfiore e alterazioni di pressione.

Alice Pace
Giornalista scientifica freelance specializzata in salute e tecnologia, anche grazie a una laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche e un dottorato in nanotecnologie applicate alla medicina. Si è formata grazie a un master in giornalismo scientifico presso la Scuola superiore di studi avanzati di Trieste e una borsa di studio presso la Harvard Medical School di Boston. Su Instagram e su Twitter è @helixpis.
share