TORNA ALLE NEWS

Anche le città hanno il loro microbiota

Maniglie, sedili e tornelli della metro: un gruppo di ricercatori ha analizzato le superfici più spesso toccate del trasporto pubblico in diversi centri urbani del mondo, identificando virus e batteri finora mai classificati e scoprendo che ogni metropoli ha una sua impronta microbica unica e distintiva. Microrganismi coi quali dobbiamo imparare a convivere al meglio.

Dove andreste se voleste trovare la più grande concentrazione e varietà di virus e batteri all’interno di un’area metropolitana? Lasciando da parte bagni e fognature, uno dei primi luoghi che vengono in mente sono senz’altro i mezzi di trasporto pubblico e le relative infrastrutture di interscambio. Un nutrito team internazionale di scienziati, per più di tre anni e in oltre 60 città sparse in tutti i continenti, si è dilettato proprio a catalogare e ad analizzare DNA e RNA dei campioni raccolti tra autobus, metropolitane, stazioni, biglietterie, e nei punti più frequentati delle reti di mobilità urbana.

Lo studio, che a maggio del 2021 ha anche meritato una pubblicazione scientifica sulla rivista Cell, non ha portato solo all’ennesima conferma di quanto sia elevata la concentrazione di questi microrganismi, ma ha aperto la strada a un intero nuovo filone di ricerca e di applicazioni. I ricercatori hanno infatti mostrato che ogni area urbana ha un proprio microbiota unico e speciale, una sorta di impronta digitale fatta da virus e batteri che si trovano in combinazioni senza eguali nel resto del mondo.

Tutti i numeri per una mappa metagenomica globale

I ricercatori non si sono limitati a raccogliere i dati utili alla pubblicazione scientifica, ma hanno anche realizzato una mappa interattiva – chiamata MetaSub – che contiene per ciascuna delle città prese in considerazione tutte le informazioni sui microrganismi identificati, incluso il sequenziamento del materiale genetico, l’abbondanza relativa e una minuziosa classificazione. Un lavoro stimolato dall’enorme mole di informazioni raccolte e da vere e proprie scoperte avvenute nel corso dei mesi. Analizzando gli oltre 4.700 campioni raccolti, sono stati identificati 10.900 virus e 1.300 batteri diversi. Tra questi, più di 10.000 tipi di virus e 700 specie batteriche prima sconosciuti.

Altrettanto sorprendenti sono stati i risultati relativi alla distribuzione di questi microrganismi. È stato infatti identificato un “core” di 31 specie presenti nel 97 per cento dei campioni, indipendentemente dall’area geografica e dal particolare punto dell’infrastruttura dei trasporti da cui è avvenuto il prelievo. Altre 1.100 specie sono state riscontrate in più dei due terzi dei casi, mentre quelle restanti tendevano a essere più o meno sempre le stesse nei campioni raccolti in una medesima città, ma cambiavano molto nei campioni di città diverse. In questi casi l’impronta microbica si è rivelata così distintiva da permettere, in un esperimento in cieco, di assegnare correttamente ciascun campione alla giusta città nell’88 per cento dei casi.

A cosa ci serve conoscere il microbiota urbano

Al di là del valore scientifico delle scoperte in sé e della curiosa distribuzione globale dei microrganismi urbani, i risultati dello studio aprono la strada a diverse importanti applicazioni. Con una doverosa premessa: il microbiota urbano non va eliminato o combattuto, perché è composto in larghissima parte da microrganismi non patogeni per gli esseri umani, e in molti casi addirittura utili. L’obiettivo è convivere al meglio con questi minuscoli abitanti delle nostre città, riconoscendo i casi in cui possono rappresentare un pericolo e in cui è quindi necessario intervenire con azioni di igienizzazione, disinfezione e pulizia.

Se da un lato le differenze tra una città e l’altra si possono spiegare banalmente con questioni climatiche, di temperatura e umidità, ad aver sorpreso i ricercatori è la diversa presenza di geni microbici legati al fenomeno dell’antibiotico-resistenza. In ogni località sono infatti state registrate quantità e tipi differenti di questi geni, suggerendo che le differenze nell’uso degli antibiotici nei vari continenti abbiano influenzato le caratteristiche del microbiota cittadino, forse anche per un’eccessiva azione di sanificazione messa in atto negli ultimi decenni.

Da New York a Tokyo, da Baltimora a Seul, da Bogotà a Napoli, quali possano essere le implicazioni di questa dinamica sulla salute umana ancora non lo sappiamo. I microrganismi patogeni sono solo una minoranza di questo particolare microbiota. Tuttavia, ogni volta che ci sediamo nel vagone di una metropolitana o su una panchina, o quando passiamo i tornelli, stiamo entrando in contatto con microbici abitanti delle nostre città, diversi da quelli con cui la nostra specie si è rapportata nel corso dei millenni. Ciò lascia aperti numerosi interrogativi sui tipi di effetti reciproci che si possono determinare. Anche perché è solo molto di recente che nella nostra storia millenaria abbiamo iniziato ad affollare in massa la rete dei trasporti pubblici e a viaggiare di frequente e intensamente tra le diverse città del globo . Se oggi sappiamo che il nostro microbiota intestinale ha molto a che fare con la nostra salute, allo stesso modo anche quello urbano potrebbe avere importanti riflessi sul benessere sia della città nel suo complesso, sia delle persone che ci vivono.

Applicazioni forensi e di salute

Uno dei possibili campi d’applicazione della scoperta degli scienziati del team internazionale sono le investigazioni criminali. Così come è possibile associare un campione di microbiota a una città sulla base della sua composizione, analizzando le mani o gli indumenti di una persona potrebbe essere teoricamente possibile riuscire a risalire alla lista dei luoghi che ha visitato di recente e che possono aver lasciato impressa la propria peculiare impronta microbica.

In prospettiva, gli scienziati vorrebbero riuscire a ricavare questa impronta anche da qualcosa di molto più permeato nell’ambiente urbano, come le acque reflue. Allargando l’approccio a livello globale, si potrebbe, per esempio, riconoscere e identificare precocemente la diffusione di un nuovo virus o batterio: una possibilità che porta subito alla mente Sars-Cov-2, ma che resta ancora difficile da mettere in pratica, poiché a oggi sono migliaia i virus che da tempo circolano nelle nostre città e di cui tutt’ora ignoriamo l’esistenza.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
share