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Resistenza anti-microbica: un macigno sulla salute globale

Più di 1,2 milioni di decessi all’anno sono imputabili solo alla resistenza dei batteri alle terapie antibiotiche. Persino ferite banali e interventi chirurgici di routine rischiano di causare gravi danni alla salute dei pazienti. Il problema riguarda anche virus e parassiti. E la situazione è ancora più grave nei paesi dell’Africa subsahariana e dell’Asia meridionale.

Ogni anno all’interno della sola Unione europea si verificano circa 670.000 infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici, che determinano la morte di circa 33.000 persone. Questi sono solo due dei dati poco rassicuranti emersi dal primo rapporto sulla resistenza antimicrobica nel Vecchio continente da parte del Centro europeo per la sorveglianza e il controllo delle malattie (Ecdc). I dati a livello globale sono più incerti poiché per alcuni Paesi non sono disponibili dati in proposito, ma è evidente che in queste aree del mondo il problema è ancora più serio, anche per via delle insufficienti misure igienico-sanitarie e della carenza di acqua corrente potabile.

In una revisione sistematica pubblicata sulla rivista The Lancet a gennaio 2022, sono stati presi in considerazione 471 milioni di persone di 204 paesi diversi. Il rapporto, denominato con l’acronimo GRAM, sta per “Global Research on AntiMicrobial resistance” e allude al metodo utilizzato comunemente per la classificazione dei batteri. Lo studio, coordinato dall’università di Washington, è molto dettagliato e ha fatto emergere che nel solo 2019 circa 1,27 milioni di decessi sono da attribuire in modo diretto a infezioni da parte di germi resistenti, per cui non sono disponibili trattamenti efficaci.

Ma il numero delle morti indirettamente associate a questo fenomeno, quasi 5 milioni di decessi nello stesso anno, è ancora più preoccupante. Si tratta di persone che soffrivano di altre patologie e che per infezioni sopraggiunte sono state trattate con farmaci inefficaci nel loro caso, complicando il loro stato di salute complessivo. La distinzione può sembrare un po’ cervellotica, così come quella tra morti “per” e “con” Sars-Cov-2.

Questioni di categorizzazione a parte, appare evidente che la resistenza anti-microbica è uno dei problemi di salute pubblica più importanti a livello globale, soprattutto se consideriamo che il carico sanitario che solo l’antibiotico-resistenza comporta è paragonabile alla somma di quello dovuto a influenza, tubercolosi e HIV/Aids. Peraltro, anche i farmaci contro tubercolosi e Aids incontrano resistenze. Insomma, si tratta di un vero macigno e, secondo molti, di una pandemia lenta ma inesorabile.

La resistenza anti-microbica, dall’inizio

Come il nome suggerisce in modo piuttosto palese, si parla di resistenza anti-microbica quando un batterio, un virus, un parassita è in grado di resistere alle terapie e quindi diventa più difficile da combattere, complicando il quadro clinico e la guarigione dell’ospite. In generale i microrganismi possono sviluppare naturalmente una resistenza nei confronti dei farmaci, in seguito a variazioni delle proprie caratteristiche genetiche. In caso dei batteri, queste resistenze sono anche stimolate dall’uso eccessivo degli antibiotici, per esempio negli allevamenti. Anche per questo motivo, questi farmaci non dovrebbero mai essere assunti se non prescritti dal medico e, una volta iniziata la terapia, sarebbe bene che questa proseguisse per tutto il tempo raccomandato, senza alcuna interruzione.

Con il passare del tempo, anche per il mancato rispetto di queste regole, sta accadendo che i batteri acquisiscono sempre maggiori resistenze, e di contro gli antibiotici perdono progressivamente di efficacia, rendendo le persone più suscettibili a problemi di salute che ormai da anni sono considerati marginali e di poco conto. Anche l’Organizzazione mondiale della salute evidenzia l’aumento della difficoltà nel trattare patologie come polmoniti, tubercolosi, gonorrea e salmonellosi, in quanto le terapie normalmente utilizzate non funzionano più come prima.

Disparità geografiche

Il problema della resistenza anti-microbica riguarda la totalità delle regioni del mondo prese in considerazione nella revisione, con differenze importanti però tra diverse aree. In Africa subsahariana occidentale il problema è maggiore, con in media più di 27 decessi ogni 100.000 persone direttamente attribuibili alla resistenza anti-microbica e altri 114 ogni 100.000 persone ascrivibili allo stesso fenomeno in modo indiretto. In generale, presentano tassi di mortalità molto elevati tutte le altre regioni dell’Africa subsahariana e dell’Asia meridionale. Nei Paesi ad alto reddito i numeri tendono a scendere: 13 decessi ogni 100.000 persone sono valutati essere conseguenza diretta della resistenza anti-microbica, mentre altri 56 sono considerati a essa associati. Un altro dato molto preoccupante è quello della mortalità infantile associata al problema: di tutti i decessi presi in considerazione, circa 1 su 5 riguarda bambini di età inferiore ai cinque anni.

Nel corso del 2019, si calcola che quasi il 79 per cento dei decessi totali attribuibili alla resistenza agli antibiotici siano stati legati a tre sindromi infettive differenti: infezioni alle vie respiratorie inferiori e del torace, infezioni del flusso sanguigno e infezioni intra-addominali.

Passando agli agenti patogeni, ben 6 hanno causato più di 250.000 decessi ciascuno e sono Escherichia coli, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Streptococcus pneumoniae, Acinetobacter baumannii e Pseudomonas aeruginosa. Valutando nel complesso tutte le informazioni, emerge che l’antibiotico-resistenza è stata la terza causa di morte nel mondo, dopo la cardiopatia ischemica e l’ictus. Nella maggior parte dei casi, circa il 70 per cento, gli antibiotici contro cui i batteri avevano sviluppato resistenza erano i beta-lattamici (penicilline e cefalosporine).

Prospettive future e possibili soluzioni

Si ritiene che entro il 2050 la resistenza anti-microbica possa determinare la morte di 10 milioni di persone ogni anno. Per questo motivo, sia l’Oms sia la comunità scientifica ritengono che si tratti di una questione molto urgente, su cui occorre agire in fretta per trovare soluzioni in grado di combattere il crescente numero di batteri, virus, parassiti resistenti alle terapie e che stanno diventando quindi molto più pericolosi e letali.

Per quanto riguarda i batteri, i ricercatori sono al lavoro per definire elenchi puntuali e aggiornati dei microbi resistenti agli antibiotici. L’obiettivo è indirizzare la ricerca e lo sviluppo di nuovi strumenti di prevenzione e cura delle infezioni spesso letali causate da tali patogeni. L’attenzione è rivolta, anche e soprattutto, verso quei batteri che causano gravi danni nelle fasce di età più giovani e per cui non sono disponibili soluzioni terapeutiche alternative efficaci.

Un campo d’azione già in parte esplorato riguarda i vaccini: a oggi è disponibile quello contro Streptococcus pneumoniae, e sono in corso altri programmi sperimentali di vaccinazione per Staphylococcus aureus e Escherichia coli, che potrebbero rappresentare una soluzione su larga scala per prevenire le infezioni causate da questi batteri.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
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