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Studiare fa bene: come una maggiore educazione è associata a minori tassi di mortalità

Da una ricerca emerge che l’istruzione potrebbe avere un impatto considerevole sull’aspettativa di vita a tutte le età.

 

Mangiare sano, mantenersi attivi, stare alla larga da fumo e alcol sono tutte abitudini che aiutano a vivere più a lungo. Ma anche le giuste ore di sonno e altri aspetti possono favorire la longevità. Tra questi sembra esserci anche l’educazione. Stando a quanto emerge dai risultati di una recente metanalisi pubblicata sulla rivista Lancet Public Health, ricevere un’istruzione adeguata può allungare la vita. Di quanto? Il gruppo di ricerca stima che ogni anno di studi riduca la mortalità del 2 per cento circa rispetto a chi non ha raggiunto traguardi equivalenti.

 

Penna, libri e più anni da vivere

I ricercatori del Centre for Global Health Inequalities Research della Norwegian University, in collaborazione con l’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’a University of Washington, hanno analizzato i dati di centinaia di pubblicazioni dal 1980 a oggi. Gli studi inclusi riguardavano le popolazioni di 59 Paesi, per un totale di oltre 10.000 osservazioni. I risultati hanno mostrato un’associazione tra i più alti livelli di educazione raggiunti e una ridotta mortalità per tutte le cause, fornendo anche una misura del fenomeno.

Se da un lato infatti già sapevamo che un alto livello di istruzione portasse a vivere una vita più salutare, nessuno aveva mai calcolato fino a che punto studiare fosse in grado di offrire anni di vita. Le conclusioni dell’articolo non lasciano dubbi: completando i primi 6 anni di scuola (che nella maggioranza dei Paesi corrispondono al ciclo delle elementari), il rischio di morire precocemente da adulti si abbassa mediamente del 13 per cento circa rispetto a chi non è andato a scuola; studiare fino al diploma di scuola superiore fa calare il rischio di mortalità di quasi del 25 per cento rispetto a chi si è fermato prima; e per chi ha 18 anni di studio alle spalle, come chi consegue una laurea magistrale, il rischio si riduce del 34 per cento circa, sempre in confronto a chi non ha ricevuto un’istruzione formale.

 

Al pari di una buona abitudine

Questi notevoli dati ci dicono che l’impatto dell’istruzione sulla mortalità precoce è paragonabile a quello di alcuni dei principali determinanti di salute. Per esempio, spiegano i ricercatori, la riduzione del rischio di mortalità fornita da 18 anni di istruzione equivale a quella di chi segue per tutta la vita una dieta sana, con un opportuno apporto di alimenti vegetali, e di chi pratica attività fisica aerobica e di rafforzamento secondo le più accreditate linee guida. All’opposto, una scolarizzazione molto bassa comporta livelli di rischio paragonabili a quelli di chi consuma 5 o più bevande alcoliche o fuma 10 sigarette al giorno per 10 anni.

L’effetto protettivo si mantiene nel tempo, senza attenuarsi, ed è trasversale rispetto all’età, al sesso e alla situazione economica del Paese di riferimento, pur con alcune sfumature. Per esempio, a parità di livello di istruzione, il beneficio si esplica più sulle persone più giovani che su quelle anziane.

 

Più consapevolezza e maggiori risorse

Comprendere i meccanismi degli effetti dell’istruzione sul rischio di mortalità è molto complesso e ancora oggetto di numerosi studi. È però chiaro che, perlomeno in parte, questi sono mediati dai comportamenti e dalle abitudini che adottiamo. Chi ha una maggiore educazione tende a informarsi meglio ed essere più consapevole nelle scelte che riguardano la salute, a costruire migliori relazioni sociali e a sviluppare più risorse, come quelle che aiutano a prevenire disturbi psicologici, che incidono sulla durata della vita. Per esempio, l’istruzione può aiutare chi si prende cura dei figli a intervenire in modo opportuno in circostanze come malattie o incidenti, prevenendo problemi che possono essere anche gravi.

Ma c’è anche un’altra questione: un’istruzione superiore permette di accedere a professioni più gratificanti e spesso a redditi più alti. Tra le conseguenze ci possono essere la possibilità di vivere in un buon quartiere, in una casa confortevole, maggiori possibilità di acquistare cibo di qualità e anche poter ricevere una migliore assistenza sanitaria. Purtroppo un basso livello di istruzione è, invece, associato a tassi più elevati di malattie cardiovascolari e di mortalità per cancro.

 

Una questione anche di opportunità

Portare tutti i bambini e ragazzi a completare almeno l’istruzione primaria e secondaria è uno degli Obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni unite nel 2015. Purtroppo sono ancora troppi, circa 64 milioni stando ai dati Unicef, i bambini che non hanno la possibilità di terminare nemmeno l’istruzione primaria. Tra le ragioni ci sono l’inadeguatezza delle strutture, l’instabilità politica, le calamità naturali, l’essere parte di una minoranza etnica, essere portatori di disabilità ed essere femmine.

Analisi come questa, che mostrano quanto il divario educativo significhi anche un divario di mortalità, ci ricordano quanto sia fondamentale, oltre che giusto, garantire a tutti la possibilità di accedere e frequentare la scuola. I dati indicano anche quanto sia necessario investire nella resilienza dei sistemi educativi, affinché scuola e salute siano davvero dei diritti e non privilegi, come purtroppo ancora accade.

In Italia, dove l’istruzione primaria e secondaria sono accessibili a tutti, è alto il tasso di abbandono: troppe persone lasciano la scuola senza aver conseguito il diploma. Le cose non vanno meglio con gli studi universitari e post-laurea, dove l’impatto delle disuguaglianze si manifesta ancora di più. Molte famiglie, infatti, non possono permettersi di mantenere i figli lungo questo percorso. La conseguenza è che il divario rispetto agli altri paesi OCSE è in aumento, con il nostro Paese tra quelli con la percentuale di persone laureate più scarsa.

Alice Pace
Giornalista scientifica freelance specializzata in salute e tecnologia, anche grazie a una laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche e un dottorato in nanotecnologie applicate alla medicina. Si è formata grazie a un master in giornalismo scientifico presso la Scuola superiore di studi avanzati di Trieste e una borsa di studio presso la Harvard Medical School di Boston. Su Instagram e su Twitter è @helixpis.
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