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Cosa vuol dire essere immunodepressi?

Quali condizioni, trattamenti o patologie compromettono il sistema immunitario, cosa significa convivere con questi problemi e quali sono le prospettive per possibili future terapie grazie alla ricerca.

La metafora bellica è la più utilizzata per descrivere la funzione del nostro sistema immunitario: un esercito composto da tante piccole strutture, altamente integrate, che si attivano in difesa dell’organismo dall’attacco di incursori provenienti dall’esterno, come virus, batteri e funghi. Le difese ci proteggono anche da disturbi che possono insorgere dall’interno, come, per esempio, i tumori.

Nelle persone immunodepresse l’“esercito” è indebolito: in alcuni casi non riesce a riconoscere il “nemico” o a fare fronte comune, oppure, in altri casi, è rimasto a corto di membri e munizioni. Per queste ragioni in chi è immunodepresso vi è un rischio maggiore che le malattie prendano il sopravvento.

All’origine di un sistema immunitario deficitario possono esserci cause diverse, che possono determinare condizioni più o meno temporanee, e che possono incidere in una varietà di modi sulla salute e sulle condizioni di vita dei pazienti interessati. Vediamo da vicino alcune di queste situazioni.

Una storia scritta nel DNA: le immunodeficienze primitive

Nel lessico medico sono dette immunodeficienze primitive le malattie nelle quali il sistema immunitario perde, totalmente o in parte, la sua funzionalità e che hanno un’origine in una o più alterazioni dei geni.

Ne è un esempio la sindrome di Wiskott-Aldrich, in cui alcune mutazioni genetiche determinano alterazioni a carico di una proteina necessaria alle funzioni dei linfociti B e T, essenziali nella risposta immunitaria (per esempio per la produzione di anticorpi). Un altro esempio è la sindrome di DiGeorge, che in molti casi comporta un mancato o un anomalo sviluppo del timo, la ghiandola deputata alla maturazione dei linfociti T.

Molte immunodeficienze primitive sono trasmesse per via ereditaria e si manifestano nei primi mesi dopo la nascita. In alcuni casi, invece, pur essendo congenita, la condizione si manifesta ed è clinicamente identificabile solo nell’età adulta. Ciascuna di queste immunodeficienze primitive colpisce pochissimi pazienti e sono per questo annoverate tra le malattie rare. Tuttavia le patologie in cui il sistema immunitario perde, totalmente o in parte, la propria funzionalità sono oltre 300. L’incidenza globale complessiva di queste malattie è attorno a 1 caso ogni 10.000 persone, ma è probabile che si tratti di un dato sottostimato. Nonostante le conoscenze sul tema siano cresciute in misura rilevante nell’ultimo ventennio, possono trascorrere anni (circa cinque per gli adulti, due e mezzo per i bambini) dall’insorgenza dei primi sintomi fino alla diagnosi. Inoltre sono numerose le immunodeficienze primitive che non hanno ancora un riconoscimento ufficiale, e questo frena inevitabilmente la raccolta sistematica delle informazioni.

Altre forze in gioco: le immunodeficienze secondarie

Le immunodeficienze secondarie possono essere indotte dall’insorgenza di alcuni disturbi e condizioni o da specifici trattamenti e terapie.

Nel primo caso esse possono derivare, per esempio, da alcuni tumori, in particolare da quelli che colpiscono le cellule del midollo osseo, il sistema linfatico e il sistema immunitario, come le leucemie, i linfomi e il mieloma multiplo. Un difetto nella funzionalità del sistema immunitario può essere causato, inoltre, da malattie metaboliche, come per esempio il diabete, e dalla malnutrizione. A seguito di un insufficiente apporto di specifici nutrienti o di energia si osservano deficit a carico di tutti i processi di difesa dell’organismo, dall’immunità mediata da cellule alla risposta dovuta agli anticorpi.

Le immunodeficienze secondarie possono anche essere una conseguenza di infezioni batteriche o virali. La più nota forma di immunodeficienza è dovuta al virus dell’HIV, le cui principali cellule bersaglio sono specifici linfociti T. Si tratta di cellule essenziali per la difesa contro agenti patogeni e tumori. Per questo motivo le persone colpite dall’HIV vanno incontro, se non si interviene tempestivamente, a un progressivo indebolimento del sistema immunitario che le rende vulnerabili ad altre infezioni o malattie. Grazie alle terapie disponibili, tuttavia, la carica virale può essere tenuta molto bassa e i pazienti possono condurre una vita sostanzialmente normale, con un sistema immunitario funzionante.

Il sistema immunitario può essere compromesso o inibito anche dai trattamenti contro alcune malattie. È il caso dei farmaci – detti appunto immunosoppressori –impiegati per contrastare gli effetti di alcune patologie autoimmuni, come per esempio l’artrite reumatoide e la sclerosi multipla, così come alcuni tipi di tumori. Si è inoltre particolarmente suscettibili alle infezioni in seguito ai trapianti, quando lo stato di immunodepressione viene indotto da medicinali per evitare un rigetto dell’organo trapiantato che, se riconosciuto come estraneo all’organismo, è attaccato dal sistema immunitario stesso.

Anche l’avanzare dell’età può condizionare l’efficienza del sistema immunitario, mentre, tra i comportamenti a rischio, è noto da tempo che fumare inibisce le capacità di rispondere in modo appropriato alle malattie.

Guardare oltre l’ostacolo

 Alcune delle patologie all’origine delle immunodeficienze secondarie possono essere prevenute (come l’infezione da HIV, con l’uso del preservativo) o trattate (come l’AIDS, molti tumori, il diabete). Ma si interviene anche cercando di evitare che le immunodeficienze si manifestino, per esempio tramite la prevenzione di numerose infezioni con i vaccini, e inoltre somministrando antibiotici e antivirali quando queste insorgono. Infine, laddove è possibile, si possono a volte sostituire parti lese o mancanti del sistema immunitario. Per la riduzione del rischio di infezioni nelle persone con carenza di anticorpi si somministrano, per esempio, le immunoglobuline, che si ottengono dal sangue di chi ha un sistema immunitario sano.

Esiste in alcuni casi anche la possibilità di intervenire con il trapianto di cellule staminali, indicato in alcuni pazienti con problemi particolarmente gravi. Una delle strade più visionarie ma allo stesso tempo più promettenti della ricerca in questo settore è rappresentata dalla terapia genica, che potrebbe in futuro permettere l’inserzione nel DNA dei pazienti di un gene in grado di risolvere, per esempio, un’anomalia genetica responsabile della patologia.

Alice Pace
Giornalista scientifica freelance specializzata in salute e tecnologia, anche grazie a una laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche e un dottorato in nanotecnologie applicate alla medicina. Si è formata grazie a un master in giornalismo scientifico presso la Scuola superiore di studi avanzati di Trieste e una borsa di studio presso la Harvard Medical School di Boston. Su Instagram e su Twitter è @helixpis.
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