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Occhio (clinico) ai gemelli

Perché succede che vengano concepiti dei gemelli? Quanti tipi di gemelli esistono? Perché alcuni sono davvero identici? Quanto sono frequenti i parti gemellari? Proviamo a dare una risposta a queste domande.

Le nascite multiple sono spesso oggetto di curiosità e interesse. In alcune culture antiche la nascita di gemelli era associata a uno stigma e i bambini venivano isolati e discriminati. In altre, al contrario, i gemelli erano considerati protetti dalla benevolenza divina. Più di uno studioso dell’antichità greca e romana provò a identificare la causa all’origine dei parti gemellari, ipotizzando che essi fossero provocati da un eccesso di sperma o dallo “sdoppiamento” del materiale spermatico nell’utero. Ipotesi di questo tipo sono state attribuite, tra gli altri, ad Aristotele, Ippocrate, Democrito, Empedocle e Galeno.

Oggi conosciamo meglio i meccanismi del concepimento e dello sviluppo embrionale e sappiamo che la gemellarità può avere più di una causa. Le variazioni dei tassi di nascite gemellari nel mondo possono darci un’idea di quali possono essere i fattori predisponenti.

Diversi tipi di gemelli

La stragrande maggioranza di gemelli si divide in monozigoti e dizigoti. I gemelli monozigoti si generano quando una singola cellula uovo viene fecondata da uno spermatozoo e lo zigote che si crea si divide a sua volta in due embrioni. I gemelli monozigoti hanno dunque alla nascita un corredo genetico estremamente simile, ma non identico. Una certa misura di variabilità genetica comincia a manifestarsi fin dalle prime fasi dello sviluppo, e dal confronto delle sequenze di DNA dei genomi di gemelli monozigoti emergono centinaia di differenze. Il sesso dei gemelli omozigoti è quasi sempre lo stesso, con rarissime eccezioni dovute a irregolarità al momento della divisione dello zigote. Una separazione tardiva e incompleta dello zigote può invece portare alla formazione di gemelli congiunti: i cosiddetti siamesi.

I gemelli dizigoti si generano invece quando due cellule uovo diverse sono fecondate da due diversi spermatozoi. In questo caso, nasceranno fratelli che saranno geneticamente diversi benché ovviamente imparentati e accomunati dall’avere condiviso la gestazione nella pancia della mamma. I gemelli dizigoti si sviluppano però ciascuno nella propria placenta e nel proprio sacco amniotico, mentre i gemelli monozigoti possono condividere placenta e sacco amniotico, solo la placenta o nessuno dei due. I gemelli dizigoti possono inoltre essere o meno dello stesso sesso e avere tra loro tante differenze quante quelle di comuni fratelli.

Vi sono poi altri tipi di gemelli più rari. In due casi riportati in letteratura, una cellula uovo si è divisa in due parti attaccate, fecondate da due spermatozoi separati, e la struttura risultante si è separata di nuovo a formare dei gemelli sesquizigoti, con lo stesso corredo genetico materno ma con diversi corredi cromosomici di origine paterna. Nel caso della superfecondazione eteropaternale, due cellule uovo emesse nello stesso ciclo di ovulazione possono essere fecondate da spermatozoi appartenenti a padri diversi.

Quanti e perché

Le gravidanze con due gemelli sono all’incirca una su 90 nel mondo, una su 250 se si considerano solo i monozigoti. I parti multipli sono molto più rari: uno su 10.000 per quanto riguarda i parti trigemini e circa uno su 700.000 per quelli quadrigemini. La probabilità di un parto gemellare dizigote non è uniforme nel mondo. Per esempio, nel gruppo etnico degli Yoruba, in Africa occidentale, il 9-10 per cento dei nati vivi viene da un parto gemellare, mentre nell’Asia orientale e meridionale queste percentuali sono circa 15 volte inferiori.

Le gravidanze multiple sono più frequenti in chi ricorre alle tecniche di riproduzione assistita. Oltre alla provenienza geografica, vi sono altri fattori predisponenti, come l’età della madre, il suo stato nutrizionale e il numero di gravidanze avute in precedenza. Per fare un esempio, una donna tra i 35 e i 40 anni che ha già avuto quattro figli si stima abbia il triplo delle probabilità di una gravidanza gemellare rispetto a una donna di 20 anni senza figli.

Rischi dei parti gemellari

Nei Paesi benestanti i progressi nella medicina prenatale e perinatale hanno fatto sì che i parti gemellari portati a termine con successo siano molto aumentati nel corso degli ultimi decenni. La gravidanza e il parto gemellare comportano infatti rischi maggiori sia per la gestante sia per i nascituri.

Il parto è, ovviamente, più lungo e complicato per la gestante e nel corso della gravidanza è maggiore il rischio di sviluppare complicanze tipiche, come il diabete gestazionale e la pre-eclampsia (cioè l’aumento di pressione sanguigna con concentrazione anomala di proteine nel sangue). Nei parti gemellari sono più frequenti gli aborti spontanei: per ridurre questo rischio, è di solito raccomandato il parto cesareo o l’induzione delle doglie dopo le 38 settimane di gestazione per parti bigemellari (e il termine è ridotto ulteriormente nel caso di gravidanze trigemine o quadrigemine). Il peso alla nascita dei gemelli è quasi sempre inferiore rispetto ai bambini nati da parti singoli e per i parti di tre o più gemelli il rischio che almeno uno dei neonati sviluppi complicazioni fisiche o cognitive permanenti e potenzialmente disabilitanti supera il 20 per cento.

Può accadere che uno dei gemelli non si sviluppi in utero e venga “assimilato” dall’altro. Si tratta di casi molto variegati, che includono la sindrome del gemello scomparso, quando cioè il gemello viene completamente riassorbito, lasciando al più un “foglietto” di materiale placentare residuo. Un’altra eventualità è il cosiddetto chimerismo: uno di due embrioni dizigoti viene assorbito precocemente in un unico nascituro, il cui organismo conterrà linee cellulari con corredo genetico differente.

Nel 10-15 per cento delle gravidanze in cui i gemelli monozigoti condividono la placenta, si verifica una condizione piuttosto pericolosa, nota come sindrome da trasfusione feto-fetale, nella quale la circolazione del sangue non è equilibrata tra i due feti e uno dei due riceve sangue dall’altro. Il feto “donatore” diventa solitamente più piccolo e anemico, mentre il feto che riceve sangue in eccesso è sottoposto a stress cardiaco. Anche la produzione di urine dai due feti, e il conseguente volume di liquido amniotico, ne risultano squilibrati. Il volume in eccesso dalla parte del feto “ricevente” può quindi esercitare una pressione rischiosa sulla cervice uterina.

I gemelli per la scienza

Sir Francis Galton, psicologo e naturalista inglese e cugino di Charles Darwin, fu forse il primo a utilizzare i gemelli per confrontare gli effetti di fattori naturali e ambientali sullo sviluppo umano. Voleva, per esempio, capire se le esperienze avvenute nella primissima infanzia potessero influenzare lo sviluppo successivo. Galton aveva però trascurato le differenze tra gemelli monozigoti e dizigoti, cruciali per comprendere le diverse manifestazioni di un tratto ereditario o di una patologia. Ciò nonostante dai suo studi ha avuto inizio la gemellologia, una disciplina biologica e medica che studia i problemi della gemellarità.

Anche il confronto tra soli gemelli monozigoti può essere utile. Per esempio se in entrambi i gemelli di coppie di monozigoti si presentano disturbi apparentemente diversi, potrebbe trattarsi di forme cliniche diverse di una singola patologia (un caso tipico sono le allergie). Di recente i gemelli monozigoti si sono rivelati molto importanti per studiare le modificazioni epigenetiche, ossia alterazioni nell’espressione dei geni dovute a fattori di regolazione esterni alla sequenza dei geni. Si tratta di modifiche che contribuiscono alla variabilità individuale nell’espressione di profili genetici anche identici tra loro. Tra i gemelli identici più noti come soggetti di studi sperimentali si possono ricordare Mark e Scott Kelly, astronauti della Nasa: uno di loro, Scott, ha trascorso complessivamente un anno sulla Stazione spaziale internazionale mentre l’altro è sempre rimasto sulla Terra. Dal confronto dei loro organismi, gli scienziati hanno potuto valutare gli effetti della microgravità e di altri fattori ambientali, tra le altre cose, sull’espressione dei geni.

Silvia Kuna Ballero
Classe ’79, genovese di nascita e carattere, milanese d’adozione. Astrofisica, insegnante, redattrice scolastica, giornalista e divulgatrice con un interesse particolare per la storia della scienza e il rapporto tra scienza e società.
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