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Teorie sulle emozioni

Cosa sono le emozioni? Quanti tipi ne conosciamo? E come si è evoluta la ricerca in questo campo? Negli anni molte teorie hanno cercato di spiegare cosa sono le emozioni, ma non abbiamo ancora risposte definitive.

Tutte le emozioni rappresentano una parte importante della vita degli esseri umani, perché cambiano in modo significativo il modo in cui percepiamo e viviamo gli eventi. Nella scienza si studiano da tempo i meccanismi e le caratteristiche delle emozioni, anche dal punto di vista evolutivo. I molteplici risultati di queste ricerche hanno permesso di fare importanti progressi in settori come la psicologia, le neuroscienze, la sociologia e l’antropologia.

Ipotesi a confronto

Tra le ipotesi con cui storicamente si è cercato di spiegare l’origine e la natura delle emozioni vi è la cosiddetta teoria periferica, proposta indipendentemente dal filosofo americano William James e dal neurologo danese Carl Lange alla fine dell’Ottocento. Secondo questa teoria, tra le prime della psicologia moderna, le emozioni sarebbero un’esperienza soggettiva, conseguenza e non causa di uno stimolo, percepito tramite i sensi dal sistema nervoso. Per esempio, la paura non sarebbe all’origine del tremore del corpo, bensì la sensazione del tremore, quale reazione a uno stimolo esterno, sarebbe all’origine della paura stessa. Successivamente un’altra ipotesi, chiamata teoria centrale, è stata elaborata dal fisiologo americano Walter Cannon e dal suo dottorando Philip Bard all’inizio del Novecento. Secondo tale teoria, i centri che presiedono all’attivazione, alla regolazione e al controllo delle emozioni si trovano all’interno del cervello, in particolare nel talamo e nell’ipotalamo.

Da queste teorie iniziali della psicologia moderna sono seguiti innumerevoli teorizzazioni e studi anche sperimentali. Oggi sappiamo che le emozioni sono stati mentali provocati da modificazioni neurofisiologiche, a loro volta influenzate da molteplici fattori, tra cui cambiamenti nel pensiero, nelle risposte comportamentali, nelle sensazioni e nel sistema endocrino. L’espressione delle emozioni coinvolge elementi del sistema muscolo-scheletrico, soprattutto nella faccia, nella postura e nei comportamenti.

Tra gli innumerevoli studi che hanno riguardato le emozioni non possiamo fare a meno di citare le osservazioni di Charles Darwin. Nelle espressioni con cui gli esseri umani manifestano le emozioni, Darwin aveva notato alcune caratteristiche universali che sembravano trascendere le culture. Nel libro “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” del 1872 osservò che anche altre specie animali manifestavano reazioni simili in risposta ad analoghi stimoli. Nelle emozioni e nella loro espressione è, secondo Darwin, possibile vedere degli elementi adattivi, che aumentano le probabilità di sopravvivenza di un individuo e della specie. Riprendendo queste osservazioni, nel Novecento lo psicologo americano Paul Ekman, che ha anche condotto ricerche anche in Papua Nuova Guinea, ha individuato sei tipi di emozioni di base. Secondo Ekman, tali emozioni si manifestano con espressioni facciali innate e universali. Si tratta di rabbia, disgusto, tristezza, gioia, paura e sorpresa. Questa prima classificazione è stata modificata nel tempo dall’autore stesso, che ha aggiunto alla lista ulteriori emozioni di base (per esempio divertimento, imbarazzo e colpa). Oltre alle emozioni di base, sempre secondo Ekman ve ne sarebbero altre, da lui indicate come secondarie, che deriverebbero dall’interazione di più emozioni e dal rapporto con il contesto sociale.

Studi successivi hanno messo in dubbio alcune delle conclusioni di Ekman, in particolar modo l’aspetto dell’universalità delle espressioni facciali, che potrebbero essere influenzate anche nell’interpretazione da aspetti culturali. Altri continuano invece a ritenere valide le conclusioni di Ekman. Ulteriori studi anche sperimentali saranno necessari per chiarire come gli elementi biologici e culturali concorrano a determinare le emozioni e le loro molteplici manifestazioni.

Quando capire le emozioni è difficile

Per alcune persone riuscire a comprendere le emozioni proprie e altrui, così come il loro manifestarsi, è particolarmente difficile. Si parla in questi casi, con un termine di derivazione greca, di alessitimia, letteralmente “mancanza di parole relative alle emozioni”. Una persona alessitimica mostra difficoltà nell’interpretare le emozioni che prova e nel distinguere tra quelle gradevoli e sgradevoli. La stessa difficoltà è avvertita anche nell’interpretazione di quelle altrui, per esempio attraverso le espressioni del volto o i comportamenti. Si tratta di una caratteristica associata ad alcune condizioni come il disturbo da stress post-traumatico, l’ipertensione, i disturbi d’ansia e la depressione. L’alessitimia è spesso presente in alcune neurodivergenze, come l’autismo e il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD).

Anna Rita Longo
Insegnante e dottoressa di ricerca, membro del board dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM (Science Writers in Italy), socia emerita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), collabora con riviste e pubblicazioni a carattere scientifico e culturale.
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